NASCONDIGLI





I "NASCO", I DEPOSITI NASCOSTI DI ARMI DELL'ORGANIZZAZIONE GLADIO

Il 26 febbraio 1991 Giulio Andreotti, all’epoca presidente del Consiglio, prendendo tutti in contropiede (in particolare l’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga, nonché i vertici del SISMI), invia alla commissione Stragi una relazione su Gladio.

Un documento con molte lacune, ma che infrange questo segreto della Repubblica.

Ecco il testo della parte della lettera relativa ai depositi di armi nascosti:

4. I DEPOSITI DI ARMI (NASCO).

A seguito degli accordi più sopra richiamati, nel corso del 1959, l'"Intelligence" americana provvide ad inviare presso il CAG i materiali di carattere operativo destinati a costituire le scorte di prima dotazione dei nuclei e delle unita' di pronto impiego, da occultare, fin dal tempo di pace, in appositi nascondigli interrati nelle varie zone di eventuale operazione.

I materiali in questione pervennero dagli Stati Uniti confezionati in speciali involucri al fine di assicurarne il perfetto stato di conservazione e, a partire dal 1963, ebbe inizio il loro interramento in appositi contenitori.

I Nasco (Nascoindigli. NDR) erano cosi distribuiti sul territorio nazionale:

- 100 nel Friuli-Venezia Giulia,

- 7 nel Veneto,

- 5 in Trentino Alto-Adige,

- 11 in Lombardia,

- 7 in Piemonte,

- 4 in Liguria,

- 2 in Emilia-Romagna,

- 1 in Campania,

- 2 in Puglia.

I depositi venivano normalmente interrati a "contatto" con elementi caratteristici del terreno (cimiteri, ruderi, cappelle, chiesette, fontanili ecc..) che fossero:

- facilmente riconoscibili

- inamovibili

- facilmente identificabili dall'interpretazione di brevi messaggi preformulati trasmessi, all'emergenza, dalla base del campo;

- idonei a fornire la garanzia che, anche in caso di distruzione, i ruderi sarebbero stati sufficienti per permettere la localizzazione del nascondiglio.

Il materiale conservato nei Nasco era composto da armi portatili, munizioni, esplosivi, bombe a mano, pugnali, coltelli, fucili di precisione, radio trasmittenti, binocoli ed utensili vari. I depositi erano gestiti direttamente dalla Sezione SAD, che custodiva i "rapporti di posa”, contenenti le indicazioni sull'ubicazione di Nasco. In caso di violazione delle frontiere nazionali da parte di truppe straniere, le istruzioni recanti tutti i punti di riferimento per localizzare i materiali, sarebbero state trasmesse alle reti "Gladio", attivate per l'emergenza, a mezzo di messaggi radio precompilati, conservati nella sedi di Servizio.

A causa del rinvenimento fortuito nel 1972 di uno dei contenitori nella zona di Aurisina, venne deciso, per realizzare migliori condizioni di sicurezza, il recupero di tutti i depositi. Le operazioni di recupero ebbero inizio a partire dall'aprile di quell'anno.

I materiali esplosivi ed incendiari recuperati, attesa l'impossibilità della loro conservazione in caserme o altre strutture adibite ad uffici od abitazioni, furono riuniti presso il Centro addestramento guastatori e presso il deposito munizioni di Campo Mela (Sassari) e ne fu previsto, all'emergenza, il rifornimento attraverso avio-lancio. I materiali di armamento e di munizionamento vennero immagazzinati, in consegna fiduciaria, presso caserme dei Carabinieri.

Detti materiali vennero contrassegnati con l'etichetta di copertura "Ufficio monografie del V CMT - scorte speciali di copertura". Le operazioni di recupero, che ebbero termine nel corso del 1973, permisero di ritornare in possesso di materiali contenuti in 127 Nasco su 139 a suo tempo interrati. Rimanevano 12 contenitori per i quali si indicano qui di seguito le località, la data di interramento, il contenuto oltre che i motivi del mancato recupero che è da attribuire alla difficoltà di portarli alla luce in maniera discreta.


a. Cimitero di Brusuglio (Cormano di Milano).

- data di posa: 10 luglio 1963;

- contenuto: armi individuali, munizioni, macchine fotografiche;

- motivo del mancato recupero: il cimitero subì negli anni 1965-1972 vari e consistenti ampliamenti;

- numero dei contenitori: 3 metallici;


b. Cimitero di Arbizzano di Negra (Verona).

- data di posa: 1 agosto 1963;

- contenuto: esplosivi, pistole, bombe a mano;

- motivo del mancato recupero: a seguito dei lavori di ampliamento del cimitero (1969-72), sul Nasco vennero costruiti nuovi loculi;

- numero dei contenitori: 3 metallici ed 1 di plastica;


c. Cimitero vecchio di Abbadia Alpina, frazione di Pinerolo (Torino):

- data di posa: 17 maggio 1964;

- contenuto: duplicatore, materiale fotografico;

- motivo del mancato recupero: nei pressi del luogo di interramento del Nasco fu realizzato un canale ricoperto con cemento;

- numero dei contenitori: 2 metallici;


d. Crescentino (Vercelli), argine sinistro del canale Cavour nei pressi del Ponte di Praiassi;

- data di posa: 6 agosto 1961;

- contenuto: armi leggere, pistole, pugnali, bombe a mano;

- motivo del mancato recupero: il punto indicato nel rapporto di posa e' stato interessato da una coltura di pioppi, il cui ciclo decennale e' intervallato da un'aratura profonda del terreno. Tale operazione ha provocato una traslazione sia in verticale che in orizzontale del Nasco, rendendone impossibile all'epoca la localizzazione;

- numero dei contenitori: 3 metallici e 3 di plastica;


e. S.Pietro al Natisone (Udine), casetta disabitata (ai tempi della posa) nei pressi della Cappella di quota 236:

- data di posa: 16 luglio 1963;

- contenuto: armi leggere e munizioni;

- motivo del mancato recupero: la casa venne riattata nel 1967, ampliata ed abitata. Il Nasco venne cosi' a trovarsi sotto il nuovo corpo-fabbrica;

- numero dei contenitori: 2 metallici ed 1 di plastica;


f. Chiesetta di S. Giacomo di Reana del Roiale (Udine), tra Ribbis e Adegliaccio:

- data di posa: 16 giugno 1964;

- contenuto: armi leggere e munizioni;

- motivo del mancato recupero: l'area circostante la chiesetta sotto la quale fu collocato il Nasco e' stata successivamente rivestita (1970) di uno strato compatto, costituito da cemento e ciottoli. Il deposito non era dunque più raggiungibile se non con demolizioni;

- numero dei contenitori: 2 metallici ed 1 di plastica;


g. Chiesetta di S. Giacomo di Reana del Roiale (Udine), tra Ribbis e Adegliaccio:

- data di posa: 16 giugno 1964;

- contenuto: armi leggere e munizioni;

- motivo del mancato recupero: l'area circostante la chiesetta sotto la quale fu collocato il Nasco e' stata successivamente rivestita (1970) di uno strato compatto, costituito da cemento e ciottoli. Il deposito non era dunque più raggiungibile se non con demolizioni;

- numero dei contenitori: 2 metallici ed 1 di plastica;


h. Cappella mortuaria del cimitero di Mariano del Friuli (Gorizia):

- data di posta: 25 giugno 1964;

- contenuto: armi individuali, pistole, duplicatore;

- motivo del mancato recupero: la cappella mortuaria sotto la quale venne sotterrato il Nasco fu ampliata (1971). Di conseguenza non era più possibile raggiungere il Nasco, se non con demolizioni;

- numero dei contenitori: 2 metallici e 3 di plastica;


i. Chiesetta di Santa Petronilla di San Vito al Tagliamento (Udine):

- data di posa: 28 settembre 1964;

- contenuto: armi leggere e munizioni;

- motivo del mancato recupero: il pronao della chiesetta, sotto il quale era stato collocato il Nasco, è stato pavimentato (1972). Il Nasco non era dunque più raggiungibile se non con demolizioni;

- numero dei contenitori: 2 metallici e 2 di plastica;


l. Chiesetta di Santa Petronilla di San Vito al Tagliamento (Udine):

- data di posa: 28 settembre 1964;

- contenuto: pistole, fucili, duplicatore;

- motivo del mancato recupero: il pronao della chiesetta, sotto il quale era stato collocato il Nasco, e' stato pavimentato (1972). Il Nasco non era dunque più raggiungibile se non con demolizioni;

- numero dei contenitori: 2 metallici e 2 di plastica;


m. Chiesetta Madonna del Sasso nel comune di Villa Santina(Udine):

- data di posa: 31 ottobre 1964;

- contenuto: armi leggere, munizioni;

- motivo del mancato recupero: asportazione da parte di ignoti;

- numero dei contenitori: 2 metallici ed 1 di plastica;

n. Chiesetta Madonna del Sasso nel comune di Villa Santina (Udine):

- data di posa: 31 ottobre 1964;

- contenuto: armi leggere, munizioni;

- motivo del mancato recupero: asportazione da parte di ignoti;

- numero dei contenitori: 2 metallici ed 1 di plastica:


Con le ordinanze del 30 ottobre, 2 e 6 novembre 1990, il giudice istruttore di Venezia, dott. Mastelloni, nell'ambito dell'inchiesta penale sulla caduta dell'aereo "Argo 16", ha incaricato i Comandi dei Carabinieri competenti per territorio di ricercare e dissotterrare i cennati 12 depositi ancora non recuperati. Le relative operazioni di scavo hanno portato al rinvenimento della totalità dei materiali, fatta eccezione per quelli contenuti:

- nei due Nasco situati nei comuni di Villa Santina (UD), che già erano risultati scomparsi nel 1972;

- nel Nasco interrato nel cimitero di Brusuglio (Cormano di Milano);

- nel Nasco di Crescentino (VC), ove le ricerche hanno portato ad un recupero solo parziale (due pistole, di calibro 9 e 22).

Lo stesso magistrato veneziano ha anche fatto richiesta di acquisire le matricole delle armi portatili conservate nei due "Nasco" a suo tempo occultati in Villa Santina - Chiesa Madonna del Sasso.

Come già detto in precedenza, tali armi pervennero al Servizio italiano alla fine degli anni '50, già sigillate in contenitori plastici per la lunga conservazione: non fu possibile rilevarne le matricole poiché i pacchi non vennero aperti, al fine di non comprometterne la confezione.

Allo scopo di corrispondere alla richiesta e' stato appositamente interpellato il Servizio informazioni americano (CIA), il quale ha riposto di non aver reperito nei propri archivi alcuna documentazione relativa alle matricole delle armi fornite al Servizio italiano.

L'esposivo ritrovato nel Nasco di Negrar

Questo è invece il capitolo dedicato ai depositi di armi, materiali ed esplosivi (Nasco) contenuto nella Relazione del Comitato Parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di stato sulla Operazione Gladio presentata il 4 marzo 1992.

NASCONDIGLI SEGRETI DEL KGB IN ITALIA

Il dossier Mitrokhin, dal nome di Vasilij Nikitič Mitrochin, un ex archivista del KGB, ha permesso di far luce su varie attività clandestine dei servizi segreti sovietici in Europa e in Italia.

L'Archivio, che nella sua interezza è costituito da oltre 6 casse di documenti, ha portato alla produzione di oltre 3.500 rapporti di controspionaggio trasmessi a 36 nazioni,

Le 261 schede relative all'Italia vennero redatte dal SIS, il servizio di controspionaggio inglese, sulla base delle note manoscritte che l'ex archivista aveva copiato da documenti segreti del KGB, e furono consegnate al SISMI a partire dal 1995 fino al 1999. Le schede riguardano un arco temporale che va dal 1917 al 1984, anno in cui Mitrokhin andò in pensione.

Fu indetta una Commissione parlamentare d'inchiesta sui documenti (denominata giornalisticamente Commissione Mitrokhin), presieduta da Paolo Guzzanti.

Dal dossier Mitrokhin emergono informazioni riguardanti l'esistenza in Italia di basi radio sparse sul territorio e di attigui depositi di armi. Queste, secondo la relazione di maggioranza, sarebbero dovute servire al KGB per organizzare e mantenere in Italia una rete clandestina di agenti da attivare se si fosse verificato un colpo di Stato di destra (come era avvenuto in Grecia nel 1967) che avesse messo fuorilegge il PCI. Le basi radio e i depositi d'armi, sono stati effettivamente tutti rinvenuti dove indicato da Mitrokhin nel dossier. Dopo alcuni tentativi infruttuosi furono recuperate le radio e le armi in tutte le località con l'eccezione di una nel Lazio, il cui sito era stato nel frattempo edificato con la costruzione di palazzine.

l KGB aveva creato sul territorio italiano dei nuclei destinati ad eseguire alcuni compiti:

individuare e installare dispositivi speciali in nascondigli vicini agli obiettivi;

-procacciarsi esemplari di uniformi militari italiane, gradi, kit da cucito, con lo scopo di riprodurli per fini di spionaggio (scheda 159);

-la creare di gruppi di sabotaggio (scheda 156);

-attivare operazioni speciali in tempo di pace contro alcuni obiettivi principali dell'avversario (scheda 156);

-utilizzare immobili nella disponibilità di agenti del KGB come nascondigli per apparecchiature di grosse dimensioni


Esisteva un ufficio italiano del KGB che si occupava di realizzare intercettazioni mediante ricevitori a onde ultracorte, separatori di canale e registratori, le comunicazioni militari e diplomatiche tra le ambasciate con sede a Roma e i loro paesi (solo nel 1971, la rete sovietica intercettò 62 mila cablogrammi cifrati di 60 paesi).


Un altro ufficio si occupava di azioni militari, come l'"operazione Zveno". I sovietici nel 1968 avevano lavorato ai preparativi per un attentato all'oleodotto Italia-Germania, nel tratto austriaco del Bodensee, per "distrarre l'opinione pubblica da ciò che accadeva in Cecoslovacchia", camuffando l'azione come risposta da parte degli estremisti italiani alle azioni di sabotaggio dei terroristi del Sud-Tirolo. Il Kgb avrebbe predisposto il materiale necessario, ma poi all'ultimo momento l'attentato fu rinviato a "un altro momento conveniente".


Tra il 1962 e il 1966 il Kgb aveva collocato in cinque nascondigli intorno a Roma, accuratamente occultati, delle potenti radio ricetrasmittenti. Uno era situato sulla via dei Laghi, il secondo dei pressi di Artena, il terzo a Marino, il quarto a Riano e il quinto a Poggio Moiano.


Nel febbraio 1999 il Reparto anti eversione del ROS dei Carabinieri avviò le attività per localizzare gli apparati radio occultati. Le operazioni di bonifica si svolsero per quasi tutto il marzo 1999 con grande cautela anche perchè in alcuni casi i contenitori degli apparecchi contenevano un congegno esplosivo di autodistruzione, chiamato Molniya (in russo : молния , lett . "Fulmine"), che andava disinnescato seguendo una sequenza di azioni specifiche, altrimenti, il tentativo di aprire il contenitore avrebbe provocato un'esplosione.

Questa detonazione era stata progettata per essere letale per chiunque si trovasse nelle sue immediate vicinanze, oltre ad essere sufficiente per distruggere tutti i materiali nel nascondiglio. Tra il 1955 e gli anni '70, tali depositi furono presumibilmente pre-posizionati in molti paesi - comprese località confermate negli Stati Uniti e in Svizzera - per atti terroristici e di sabotaggio pianificati durante la Guerra Fredda. Uno di questi depositi, identificato dal disertore del KGB Vasili Mitrokhin, esplose quando le autorità svizzere spararono su di esso con un cannone ad acqua dopo averlo localizzato nei boschi vicino a Belfaux. Sebbene l'esplosione non provocò vittime, il procuratore federale svizzero dell'epoca osservò: "Chiunque avesse tentato di spostare il contenitore del KGB scoperto nel dicembre 1998 sarebbe stato ucciso".

Ricevente "Svir"

Trasmittente BR-3U

Valigetta con congegno Molnya a trappola

ARMI PARTIGIANE

Quando le formazioni partigiane furono smobilitate dopo l’aprile del ’45, le autorità alleate ordinarono la consegna di qualsiasi dotazione bellica. In molte città, si svolsero delle cerimonie militari, con i partigiani che sfilavano in armi e al termine della sfilata deponevano i loro armamenti. Soltanto una parte dell'enorme massa di armi circolanti fu però consegnata. Molti conservarono le armi con la sensazione che la Resistenza non fosse realmente conclusa.

Qualcuno attendeva anche la rivoluzione proletaria che molti avevano fantasticato. Mancavano però le condizioni favorevoli a questo evento. Nell’Italia settentrionale erano inoltre presenti le forze degli alleati anglo-americani e non era pensabile un presa di potere da parte dei partigiani comunisti con la forza militare. Gli alleati non fecero un vero censimento delle armi consegnate ma la sensazione fu che fosse state consegnata solo una parte esigua degli armamenti individuali disponibili.

Vari comandi partigiani iniziarono sistematicamente a creare dei depositi clandestini di armi e relativo munizionamento, per un possibile futuro uso. Le forze dell’ordine, nel contempo, iniziarono le attività investigative per il ritrovamento delle armi nascoste e negli anni successivi al 1945 , scontrandosi con l’omertà e le reticenze degli ex partigiani avevano effettuato qualche ritrovamento. Una preoccupazione, oltre alla possibile sollevazione armata comunista, era che le armi potessero servire a bande di criminali comuni per compiere rapine ad istituti di credito.

In quegli anni, si registrarono numerosi fatti di cronaca nera come rapine e regolamenti di conti. Ricordiamo fra tutte, la Banda Fabbri che operava in Toscana responsabile di un gran numero di omicidi a scopo di rapina e la "Volante rossa" a Lambrate, nell’hinterland Milanese, dove un nutrito gruppo di ex partigiani comunisti, commise omicidi e rapine per alcuni anni in tutta la Lombardia, dopo il 25 aprile 1945, usando proprio le armi nascoste dopo la Liberazione.

Il momento di massimo rischio di un nuovo uso delle armi partigiane occulate si ebbe in seguito all'attentato a Palmiro Togliatti, il 14 luglio 1948 quando lo studente Antonio Pallante tentò di uccidere il segretario del PCI. I militanti del partito reagirono immediatamente e tutto il Paese fu teatro di disordini: vennero occupate fabbriche ed edifici pubblici, furono attuati blocchi stradali, scioperi, requisizioni di mezzi militari, assalti alle forze dell'ordine, con morti e feriti. La CGIL indisse il giorno stesso uno sciopero generale.

Dal suo letto d'ospedale il capo del PCI, allarmato per le possibili conseguenze sociali e politiche, mandò un messaggio ai propri compagni di partito: «State attenti, non perdete la testa». Il gruppo dirigente comunista, riunitosi la sera stessa, ribadì il no ad ogni ipotesi di insurrezione armata, che pure aveva cominciato a manifestarsi.

Negli anni le armi occultate dai partigiani continuarono a riapparire in occasione di lavori di ristrutturazione o di successioni per la morte degli ex-combattenti.


Per approfondire:

https://www.savonanews.it/2010/12/30/sommario/savona/leggi-notizia/argomenti/savona/articolo/il-deposito-clandestino-di-armi-dellallestimento-navi-dellansaldo-a-genova.html

Immagine di Grzegorz Pietrzak (user Vindicator) - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2809199