PARMA ANTONO E FIGLI

Storia dell'azienda Antonio Parma e figli

Fonte: https://www.parmasicurezza.it/azienda/storia/

Antonio Parma nasce a Lainate nel 1854. Nel 1870 a soli sedici anni fonda l’azienda Antonio Parma e inizia a produrre piccoli forzieri, torchi per copialettere, chiavi e serrature, puntando sulla specializzazione tecnica per la realizzazione di congegni di sicurezza. Il successo è immediato. In poco tempo riesce a formare un primo nucleo di validi tecnici specializzati e presto il suo nome ed i suoi congegni di sicurezza diventano largamente conosciuti in un’Italia in rapido sviluppo economico in seguito all’unificazione. Nel volgere di pochi anni il nome di Antonio Parma acquisisce una posizione di rilievo nel campo degli articoli di sicurezza, per le brillanti soluzioni escogitate nel realizzare nuovi congegni di chiusura. Nel 1881 l’Amministrazione della Basilica Ambrosiana gli affida la costruzione di un sistema di custodia per il celebre pallio d’oro dell’altare maggiore della Basilica di S. Ambrogio a Milano, opera d’epoca carolingia del Volvinio, gioiello dell’oreficeria longobarda risalente al IX secolo, tempestato di gemme e pietre preziose a spicco sulle lastre d’oro sbalzato. Il problema della sicurezza fu risolto da Antonio Parma con una corazzatura mobile dotata di una speciale chiusura, che risultò tanto efficace da non essere più modificata fino al 1974 quando fu sostituita da un vetro corazzato. La cassaforte è oggi esposta al Museo delle Industrie e del Lavoro del Saronnese (MILS) e mantiene ancora la verniciatura originale arricchita di borchie e fregi dorati. Forte della notorietà conseguita, il giovane Antonio Parma avvia la produzione di casseforti per le banche, rompe il monopolio detenuto dai costruttori stranieri (tedeschi, inglesi e soprattutto austriaci) e diventa protagonista della nascente industria nazionale della sicurezza.

1890. L’azienda si struttura e assume sempre più le caratteristiche di un’industria metalmeccanica con macchine e strumenti per la produzione in serie. Il marchio dell’impresa Antonio Parma, nato con il fondatore, riproduce l’immagine della Sfinge, custode di segreti, simbolo perfetto della missione dell’azienda: garantire la totale inaccessibilità.

Nel 1901, con l’elettrificazione dei processi produttivi e non essendo ancora il comune di Lainate servito dall’energia elettrica, Antonio trasferisce l’attività a Saronno, dove nasce un moderno stabilimento per la produzione di serie e la costruzione di impianti completi per caveaux bancari, che dà lavoro a oltre 100 persone. Con la qualità e la maneggevolezza dei suoi manufatti, la ditta acquisisce nuovi clienti, anche in ambito non bancario e all’estero. Nella nuova fabbrica inizia la produzione in serie di dispositivi esclusivi, inimitabili e irriproducibili, che ricevono diversi riconoscimenti, tra cui i fregi di fornitore della Real Casa Savoia e della Santa Sede Vaticana.

L’incessante sviluppo aziendale e commerciale consente a Parma di divenire fornitore dei maggiori istituti di credito italiani ed esteri, di uffici pubblici, società e privati. Al primo decennio del Novecento risale lo sviluppo della costruzione di impianti completi di cassette di sicurezza per banche, opere che combinano le più avanzate caratteristiche di sicurezza con elementi di architettura e design.

Casseforti Antonio Parma del 1910 (circa)

Durante questi anni vengono coinvolti nell’impresa familiare i figli di Antonio Parma, e la società, avviata verso la seconda generazione, nel 1923 cambia ragione sociale in Parma Antonio & Figli.

1920. L’azienda prosegue il suo sviluppo tecnologico ampliando l’ufficio tecnico per la progettazione di nuovi dispositivi, che vengono via via brevettati.

Tutte le fasi di lavorazione (tranciatura, piega, fresatura, saldatura, verniciatura, montaggio ecc.) si svolgono all’interno della fabbrica di Saronno, che conta ormai 300 dipendenti. Grazie al prestigio acquisito e alla funzione sociale detenuta dall’impresa, nel 1922 un regio decreto conferisce ad Antonio Parma l’onorificenza di Cavaliere del Lavoro, un riconoscimento riservato a chi dal nulla ha creato una fiorente impresa.

Purtroppo nello stesso anno il Cav. Antonio Parma viene a mancare all’affetto dei suoi figli e delle sue maestranze ma lascia in eredità un’impresa destinata a dar lavoro a migliaia di lavoratori.

Da Rivista delle comunicazioni Poste - Telegrafi - Telefoni 1927

1930. Le casseforti Parma Antonio & Figli diventano un simbolo della tecnologia italiana nel mondo e figurano in numerose esposizioni nazionali e all’estero. La società primeggia anche nella costruzione di porte circolari per caveaux bancari, una delle quali, per la tecnologia utilizzata e le imponenti dimensioni, viene premiata all’Esposizione Internazionale EXPO di Barcellona del 1929, e in seguito acquistata dal Banco de Credito del Perù e installata presso la sua sede di Lima. Iniziano così le prime esportazioni in America: è di questi anni la fornitura di porte corazzate per la Banca d’Italia e le banche centrali di Perù, Colombia, Venezuela. Tutte le sedi diplomatiche italiane all’estero vengono dotate di armadi corazzati e forzieri Parma.


Per avere una stima dell'attività della ditta Antonio Parma, leggiamo qualche dato. Fonte: Direzione generale imposte dirette. Imposta sui redditi di ricchezza mobile. 1930

Altri dati sulla Antonio Parma si trovano sull'Annuario industriale della Provincia di Milano edito nel 1933.

Immediatamente prima della Seconda Guerra Mondiale la ditta Antonio Parma ebbe una controversia in tribunale con la società Cesare Parma per questioni legate alla possibile confusione nella clientela. Leggiamo come andò la questione.

Fonte: Il Foro Italiano, raccolta generale di giurisprudenza civile, commerciale, penale, amministrativa, 1939

1940. L’azienda si specializza anche nelle scaffalature e negli arredamenti metallici. A partire dagli anni ’30 iniziano le collaborazioni con architetti di prestigio per industrializzare la creatività del design italiano. Opere in collaborazione con l’arch. Giò Ponti come la Biblioteca del dipartimento di Matematica dell’Università La Sapienza e gli arredamenti di Palazzo Montecatini a Milano rimarranno a imperitura dimostrazione del connubio che Parma Antonio & Figli ha saputo realizzare tra arte e impresa.

Di questi anni è anche la realizzazione di una porta rettangolare del peso di 600 quintali per il Banco di Chiavari, tuttora probabilmente la più pesante al mondo.

Hostess in posa e un uomo addetto alla dimostrazione del funzionamento del meccanismo delle casseforti, nello stand degli impianti di sicurezza per banche dell'azienda Casseforti PAS ditta Parma Antonio e figli alla Fiera Campionaria di Milano del 1951. Fonte: Archivio Storico Fondazione Fiera

1950. Con lo sviluppo industriale, finanziario, commerciale e turistico del Paese, nonché degli apparati pubblici, la produzione di impianti per la sicurezza passiva (casseforti, porte blindate, armadi corrazzati, cassette di sicurezza, casse a muro) conosce uno slancio notevole. Sono anni di intenso lavoro e investimenti che portano la Parma Antonio & Figli a consolidare la propria leadership nazionale e a contribuire fattivamente alla ricostruzione del Paese con impianti di sicurezza all’avanguardia.

Gli anni ’60 sono un periodo di prosperità economica generale: benessere e risparmio favoriscono la realizzazione di nuove tipologie di impianti di sicurezza, imponenti per dimensione e architettura estetica. Intanto la terza generazione subentra nella gestione dell’impresa, e allo storico stabilimento di Saronno si affianca e sviluppa il più moderno stabilimento di Solaro, nel quale vengono realizzate solo porte corazzate e casseforti di notevoli dimensioni.

Ad un secolo dalla fondazione, ormai dotata di una solida fama internazionale, Parma è insieme la più importante fabbrica italiana ed una delle più rinomate al mondo per la costruzione di impianti di sicurezza e casseforti, realizzate sempre con originali perfezionamenti tecnici, risultato dell’incessante evoluzione attuata per fronteggiare e prevenire ogni tentativo di effrazione. Grazie alle nuove metodologie di lavorazione dell’acciaio si migliorano le prestazioni dei congegni; Parma evolve il concetto di sicurezza e abbina i sistemi di allarme elettronici ai mezzi forti. In questi anni vengono studiati e introdotti sul mercato prodotti di sicurezza specifici per i privati: in particolare si ricorda l’armadio blindato Parmadio e la celebre cassaforte Parmula, che ottiene uno straordinario successo – tanto da essere ancora oggi in catalogo – e di cui si stima un volume di vendite complessivo superiore alle 15mila unità.

L’adozione delle nuove tecnologie di processo (macchine utensili a controllo numerico) e di taglio della lamiera (laser) si combina con l’esternalizzazione di alcune fasi lavorative (come la verniciatura). Vengono messi a punto sistemi avanzati di protezione, rivolti in particolare agli istituti di credito, che nascono dall’abbinamento dei tradizionali mezzi “pesanti” con quelli leggeri e sofisticati dell’elettronica e dell’informatica. Negli anni ‘90 l’Istituto Tecnico Professionale di Saronno viene intitolato proprio al Cavaliere del Lavoro Antonio Parma.

Parma è la prima impresa italiana a ottenere la certificazione UNI nel campo della sicurezza passiva, addirittura collaborando, con i propri tecnici, alla definizione degli standard di prodotto. In questi anni si sviluppa il reparto elettronico e l’ufficio tecnico dà vita a ParmaTime, un sistema di chiusura elettronica digitalizzato, e al settore della sicurezza attiva, che fornisce oggi un’ampia gamma di prodotti (allarmi, rilevatori e sensori, sistemi video e digitali a circuito chiuso, ecc.). Il 25 Ottobre 1998 Parma, insieme ad altri rappresentanti di aziende storiche del territorio, apre il Museo delle Industrie e del Lavoro Saronnese (MILS) caratterizzato da finalità di ordine conservativo, didattico e di valorizzazione del patrimonio storico industriale, con attenzione anche ad attività produttive contemporanee particolarmente innovative e qualificate.

Il “nuovo corso” della società si articola su due strategie di fondo. Da una parte, rafforzare e stabilizzare la presenza nei mercati esteri, specie in quelli dei vicini paesi emergenti del sud Mediterraneo, cambiando approccio rispetto agli interventi occasionali del passato. Dall’altra, realizzare nuovi prodotti a valore aggiunto e sempre più improntati alla logica della sicurezza globale, valorizzando l’elevato know-how interno all’impresa. L’implementazione del digitale e delle tecnologie di rete apre nuove frontiere.

L’azienda si ridimensiona nel nuovo e più moderno stabilimento di Solaro. Amplia la collaborazione con le società che offrono servizi ATM che richiedono a Parma un adeguamento tecnologico costante dei propri bancomat e degli impianti ormai obsoleti. Nel 2010 Parma riceve da Confindustria lo speciale riconoscimento riservato a quelle aziende che hanno fatto parte sin dall’inizio del Sistema Associativo.

L’azienda è stata chiusa nel 2019.

Bibliografia

Lusuardi Siena, M. S., Dalla Basilica di Sant'Ambrogio al Museo delle Industrie e del Lavoro Saronnese. Itinerario di una cassaforte prestigiosa., in Albertini Ottolenghi, M., Rossi, M. (ed.), Studi in onore di Francesca Flores d'Arcais, Vita e Pensiero, Milano 2010: 207- 211

ESEMPLARI DI CASSEFORTI DELLA DITTA ANTONIO PARMA

Cassettiera di sicurezza

Parallelepipedo d'acciaio con frontale aperto in cui sono ricavate le sedi per infilare cassette di sicurezza : n° 4 file orizzontali di n° 7 cassette ciascuna Per un totale di 28 cassette.Ogni cassetta ha la serratura per una chiave a mappa tradizionale ed una maniglia.Le cassette sono numerate da 101 a 128.

Facevano parte di complessi di più blocchi custoditi nei Caveaux di banche per la custodia di documenti o oggetti preziosi della clientela.

La chiave era unica e veniva assegnata e custodita dal cliente. La Banca ne possedeva una di scorta per ogni evenienza.

Fonte: http://www.museomils.it/project/cassettiera-di-sicurezza/

Cassaforte da ufficio

A forma di parallelepipedo con il lato più lungo in verticale,con portello frontale. A doppia parete in acciaio con interposto materiale refrattario o più di frequente cenere d'altoforno.Il vano interno è suddiviso in tre vani mediante ripiani orizzontali metallici. Il vano superiore è occupato da una cassaforte più piccola chiamata "tesoretto", chiusa con chiave a mappa ruotabile fino a 90°. La superficie esterna era verniciata. II portello aveva uno spessore di 7 cm. di cui 2,5 per la sola lamiera esterna .

Nello spessore venivano alloggiati i leveraggi della chiusura di tipo inglese. I leveraggi manovravano 12 chiavistelli ( 2 per ciascuno dei lati corti e 4 per i lati lunghi del portello) composti da blocchetti cilindrici che si innestavano, in chiusura, in altrettanti sedi ricavate nello spessore fisso delle pareti.Il portello ruota attorno ad un asse verticale che si incerniera sopra e sotto in sedi saldate alla parete fissa frontale della cassaforte. All'esterno del portello, nella parte centrale, disposte orizzontalmente, vi sono n°3 serrature, nascoste da una lamiera metallica rotonda.Quella centrale è la principale, di tipo inglese; le due laterali più piccole sono tradizionali a mappa. La lamiera aveva i contorni dipinti elegantemente.Questo tipo di cassaforte a mobile era utilizzato in case ricche o in uffici per custodire documenti inportanti e riservati o oggetti preziosi. Molto diffusa era presso gli studi notarili.

La serratura principale era quella centrale di tipo inglese che muoveva tutti i leveraggi alla cui estremità si trovavano i chiavistelli di chiusura.La costruzione del meccanismo richiedeva una altissima precisione perchè il movimento di tutti i leveraggi doveva essere effettuato con una sola chiave e con piccolo sforzo.La chiave muoveva all'interno due piastre dentate ingrananti tra loro che spostavano orizzontalmente i chiavistelli dei lati lunghi.Sulle stesse piastre erano collegati,sopra e sotto, dei bracci articolati che contemporaneamente facevano muovere verticalmente i chiavistelli dei due lati corti.Le altre chiavi esterne di tipo tradizionale avevano il compito di bloccare il movimento di tutti i leveraggi.Il coperchio esterno delle serrature poteva muoversi soltanto dietro azionamento di una piccola molla azionata da un piccolo piccolo bastoncino d'acciaio in foro nascosto sul bordo.


Fonte: http://www.museomils.it/project/cassaforte-per-ufficio/

Cassaforte a mobile

Cassaforte a forma di parallelepipedo con il lato più lungo in verticale,con portello frontale.A doppia parete in acciaio con interposto materiale refrattario o più di frequente cenere d'altoforno.Il vano interno è suddiviso in tre vani mediante ripiani orizzontali metallici.Il vano superiore è occupato da una cassaforte più piccola chiamata ” tesoretto “,chiusa con chiave a mappa ruotabile fino a 90° .La superficie esterna era verniciata ad imitazione del legno dando il nome a ” mobile ” alla stessa in quanto veniva inserita in casa o in ufficio accanto ad altri mobili.Il portello aveva uno spessore complessivo di 8 cm. con una lamiera esterna di 1,2 cm. Nel vano dello spessore interno è alloggiato il leveraggio di chiusura,chiamato del tipo "inglese”. I leveraggi manovrano 8 chiavistelli (2 per lato del portello) composti da blocchetti di spessa lamiera che si innestavano, in chiusura, in altrettanti sedi ricavate nello spessore fisso delle pareti.Il portello ruota attorno ad un asse verticale che si incerniera sopra e sotto in sedi saldate alla parete fissa frontale della cassaforte.

All'esterno del portello ,nella parte centrale, disposte orizzontalmente, vi sono n°3 serrature ,nascote ognuna da una lamiera metallica rotonda.Quella centrale è la principale ,di tipo inglese; le due laterali più piccole sono tradizionali a mappa.Sopra e sotto questo blocco centrale altre due serrature a mappa ,anch'esse nascoste da coperchietti metallici rotondi.In totale n° 5 serrature. La mappa centrale aveva i contorni dipinti elegantemente.

Questo tipo di cassaforte a mobile era utilizzato in case ricche o in uffici per custodire documenti inportanti e riservati o oggetti preziosi. Molto diffusa era presso gli studi notarili.

La serratura principale era quella centrale di tipo inglese che muoveva tutti i leveraggi alla cui estremità si trovavano i chiavistelli di chiusura.La costruzione del meccanismo richiedeva una altissima precisione perchè il movimento di tutti i leveraggi doveva essere effettuato con una sola chiave e con piccolo sforzo.La chiave muoveva all'interno due piastre dentate ingrananti tra loro che spostavano orizzontalmente i chiavistelli dei lati lunghi.Sulle stesse piastre erano collegati,sopra e sotto, dei bracci articolati che contemporaneamente facevano muovere verticalmente i chiavistelli dei due lati corti.Le altre chiavi esterne di tipo tradizionale avevano il compito di bloccare il movimento di tutti i leveraggi.I coperchi esterni di tutte le serrature potevano muoversi soltanto dietro azionamento di piccole molle azionate da piccoli bastoncini d'acciaio in fori nascosti sul bordo.

Fonte: http://www.museomils.it/project/cassaforte-a-mobile/

Nel XIX secolo con lo sviluppo della siderurgia, la cassaforte viene costruita interamente in ferro. In precedenza era costruita in legno con protezioni di lastre di ferro e borchie .

La cassaforte era in genere realizzata da una doppia parete in ferro . L'intercapedine ,di 7-10 cm era riempita di sabbia o meglio di ceneri di altoforno . Lo scopo era duplice, appesantire la cassaforte e realizzare una parete isolante .

In effetti i "mezzi forti" dell'epoca dovevano proteggere i valori sia contro i ladri che contro gli incendi che erano particolarmente frequenti ( le case erano spesso realizzate in legno).

Questa tipologia di cassaforte resisterà fino agli inizi del 900 allorché in Francia venne inventato il cannello ossiacetilenico allora chiamato la fiamma Fouché dal nome dell'inventore. Fu un evento molto importante per i mezzi forti . Ciò che prima era praticamente inviolabile diventa facilmente attaccabile.

I costruttori di casseforti corsero ai ripari e si rese necessario lo studio di leghe piu resistenti al calore , come lastre di ghisa speciale di grosso spessore , per ripristinare la precedente sicurezza.

Per quel che riguarda la chiusura si punta al miglioramento delle serrature che devono esser antiscasso e con chiave più corta facile da riporre in tasca o in borsa.

All'inizio dell' ottocento ,l'inglese Joseph Bramah brevettò una serratura a leve mobili, che velocemente si impose rispetto alla vecchia serratura a ingegni fissi.

Tale serratura chiamata in Italia "inglese" fu applicata su i mezzi forti fino alla prima guerra mondiale e oltre. In genere tali serrature erano racchiuse in un gruppo di chiusura e le toppe erano mascherate da un disco metallico. Il disco si poteva rimuovere tramite una leva in genere nascosta. Nella maggior parte dei casi i gruppi di chiusura erano composti da tre serrature di cui quella centrale serviva anche per muovere i catenacci . Spesso si aggiungevano anche delle combinazioni alfabetiche; pomelli che dovevano essere ruotati di un certo angolo in corrispondenza ad una lettera dell'alfabeto o ad un numero .

Cassaforte dell’altare di Sant’Ambrogio a Milano

Parallelepipedo a base rettangolare in lastre di acciaio , vuoto. senza base e senza coperchio. I lati lunghi sono composti da due ante battenti simmetriche ed i lati corti da un'anta ciascuno.Le ante sono imperniate su due telai,inferiore e superiore, resi solidali dagli stessi perni che permettono l'apertura dei battenti.Ogni battente è dotato di propri congegni di chiusura,comandati da una serratura azionata da due chiavi ,una a “pompa “ed una a mappa singola.I dadi che serrano i perni su cui scorrono le leve che provocano il movimento dei catenacci sono ricoperti da borchie in ottone a forma di fiore.

In corrispondenza delle serrature, sulle pareti esterne, un disco d'acciaio, leggermente bombato, azionato da un congegno meccanico nascosto che ne provoca la rotazione, nasconde i fori di introduzione delle chiavi. I leverismi ed i meccanismi di chiusura, alloggiati sulla faccia interna delle pareti,sono in acciaio lucido (probabilmente temperato) e molto ben conservato. Le ante a vista sono verniciate a fondo verde cupo e finemente decorate in oro a motivi circolari e floreali attorno alle serrature e con tondo sormontato da una croce al centro della parete facciale. Altri motivi a croci e floreali lungo i contorni. Le ante presentano tracce di abrasione e macchie di ruggine. Le meglio conservate sono le due ante frontali, probabilmente perchè sottoposte nel tempo a più costante ed accurata manutenzione,in quanto più esposte alla vista dei fedeli e dei visitatori.

Si tratta di una cassaforte assemblabile e disassemblabile in modo relativamente semplice, ideata per proteggere l'altare maggiore della Basilica di Sant'Ambrogio di Milano, decorato su tutti i lati verticali da una preziosissima opera in bassorilievo in oro per mano di Volvinio ,scultore operante in Lombardia nel IX secolo dopo Cristo .L'opera che avvolgeva l'altare a mò di manto era chiamata il cosi' detto "Pallio d'Oro".

Le due ante frontali venivano aperte in occasioni di cerimonie importanti o di visite illustri ,mediante le quattro chiavi relative alle due serrature anteriori. Una volta all'anno, in occasione della ricorrenza della festività di Sant'Ambrogio ,venivano asportate tutte le ante e l'Altare d'Oro veniva mostrato nella sua interezza e splendore a tutti i fedeli.L'operazione veniva effettuata da parte di una Ditta specializzata che aveva anche il compito di curare la manutenzione della cassaforte.

La protezione dell'Altare D'oro del Volvinio della Basilica di Sant'Ambrogio in Milano è stato un problema che si è tramandato per secoli, a partire dalla sua costruzione nel nono secolo D.C. Molteplici sono stati i sistemi per assicurarla e monteplici sono stati i tentativi di furto, per fortuna sventati,perchè si trattava di tentativi maldestri e condotti da singole persone con modeste attrezzature e velleitarie intenzioni.Il primo quaderno pubblicato da questo Museo racconta queste vicende in maniera più articolata ma leggera.Superati indenni anche i tentativi di furto ” istituzionali ” tentati dalle truppe napoleoniche alla fine del 700 ,durante l'invasione di Milano, grazie all'astuzia del Prevosto Monsignor Gabrio Nava, arriviamo verso l'ultimo quarto dell'800.La delinquenza diventa sempre più organizzata e questo preoccupa sempre più la gerarchia della Basilica.Da alcuni anni è sorta a Saronno una fabbrica di cassaforti , La Antonio Parma , la cui fama di realizzare sicure cassaforti per importanti enti come le banche viene alle orecchie della Basilica. Si tratta di realizzare una soluzione unica nel suo genere cosi' come unico è l'oggetto da proteggere.Il principale requisito della sicurezza deve essere accompagnato da quello della leggerezza e gradimento estetico alla vista ,considerato il prestigio storico ed artistico del luogo in cui deve essere installata.A ciò si deve aggiungere la possibilità di un facile e articolato accesso visivo al bene custodito.Requisiti tutti ampiamente soddisfatti dalla realizzazione della Parma, come si può agevolmente constatare nel nostro Museo. Nel quaderno si racconta dell'indesiderato e complicato trasferimento nei sotterranei dei Musei Vaticani di Roma dell'altare e della cassaforte ,durante i due conflitti mondiali , e delle sempre più frequenti necessità di aprire parzialmente la cassaforte

in occasioni di visite importanti a Milano,talchè fu deciso negli anni settanta dello scorso secolo, dopo circa 100 anni di onorato servizio,di sostituire la cassaforte con uno scatolato di vetro corazzato che rendesse permanentemente visibile l'altare d'oro. La cassaforte fu richiesta dalla ditta Parma per festeggiare il centenario dell'Azienda e ritornò a Saronno. Alcuni anni dopo, nel 1998, in occasione dell'apertura del Museo, la ditta Parma, che era uno dei soci fondatori, acconsentì di esporla permanentemente in Museo pulita e restaurata per l'occasione. La stessa costituisce sicuramente il pezzo più pregiato, originale ed unico del Museo.

Fonte: http://www.museomils.it/project/cassaforte-dellaltare-di-santambrogio-a-milano/

Illustrazione italiana, 18 dicembre 1938

Bollettino dei marchi di fabbrica e di commercio

1934

BREVETTI

Antonio Parma, primo di sette figli, rimasto orfano ancora ragazzo, dovette ben presto cercarsi un lavoro per aiutare la famiglia. A tredici anni ottenne un posto in un’officina meccanica di Milano che produceva serrature e il desiderio di imparare e la passione per il lavoro gli fecero vincere la fatica delle lunghe ore in fabbrica e quella di tornare da Milano a Lainate a piedi. Si distinse subito per operosità e genialità tanto che decise di mettersi in proprio, dando così vita alla propria azienda nel 1870.

In pochi anni il nome Parma divenne una garanzia nel campo di produzione degli articoli di sicurezza proponendo anche nuovi congegni di chiusura, lo conferma il fatto che l’Amministrazione della Basilica, gli affidò la costruzione di un sistema di custodia per il celebre pallio d’oro del Vulvinio di S. Ambrogio dell’altare maggiore della basilica. Il principale proposito era salvaguardare i pannelli dalle possibile offese di ladri, essendo tempestato di gemme e pietre

preziose, senza tuttavia togliere la possibilità ai visitatori di ammirarlo. Restò in funzione dal 1881 al 1974 e attualmente è visibile presso il Museo delle industrie del Saronnese. Gli inizi non furono dei più facili, visto che in Italia il mercato era dominato da francesi, tedeschi e soprattutto austriaci, tanto che le casseforti erano genericamente chiamate viennesi. L’azienda comunque si ingrandiva e, siccome a Lainate non c’era ancora l’energia elettrica, disponibile invece a Saronno, qui, nel 1902, venne trasferita e ampliata con la costruzione di adeguati capannoni industriali.

In quegli anni assistiamo all’incremento della produzione di cassette di sicurezza per caveaux bancari, che diventavano sempre più di attualità man mano che si allargava e potenziava il sistema bancario italiano. I figli di Antonio Parma, uno dopo l’altro, entrarono nell’azienda che assunse allora la ragione sociale Parma Antonio & Figli. Nel 1922 prima di mancare immaturamente, Antonio Parma ebbe il solenne riconoscimento della sua attività con la Croce di Cavaliere del Lavoro. Ormai ben conosciuta in tutta Italia e stimata in tutto l’ambiente bancario la ditta Parma cominciò a farsi apprezzare anche all’estero, le sue casseforti inviate in tutte le parti del mondo figurano con successo in numerosi esposizioni. Proprio a quella internazionale di Barcellona del 1929, venne esposta una poderosa porta corazzata circolare con chiusura a pressione, che venne acquistata dal Banco de Credito del Perù e posta in sede a Lima.

Tra le porte corazzate meritano di essere citate quella del Banco di Chiavari a Genova (ben 600 quintali e 80 cm di spessore), le due della Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, quella di massimo diametro (2050 mm) del Banco di Roma e infine quella di massimo spessore del banco di Napoli (800 mm). Merita d’essere ricordato un episodio avvenuto subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, allorché si presentò a Saronno un ingegnere egiziano che chiedeva la rappresentanza per l’Africa settentrionale e il Medio Oriente. Aveva avuto modo di conoscere, come esperto delle Forze Armate Anglo-Americane, le casseforti e le porte corazzate della ditta Parma e ne era rimasto entusiasta. Infatti l’ingegnere alleato Rogojan, aveva conosciuto e apprezzato i prodotti della Parma nelle Banche Italiane in Etiopia e Libia. Si sarebbe dunque sentito onorato di rappresentare nei paesi Arabi un produttore così capace. Ogni anno erano circa un centinaio le porte corazzate prodotte negli stabilimenti di Saronno e non c’è importante caveau bancario che non abbia all’ingresso uno di quei formidabili battenti corazzati che reca l’ermetica sfinge egiziana marchio della ditta.

Ora l’azienda è guidata dal nipote Piero Parma che ne ha ereditato il fervido impegno adattando e aggiornando la produzione alle nuove tecniche.

L’azienda si è trasferita a Solaro nel nuovo complesso industriale nell’anno 2005

MODIFICA DELLA RAGIONE SOCIALE NEL TEMPO: “Antonio Parma” fino al 1922. Successivamente “Parma Antonio & Figli Sas”

Attualmente “Parma Antonio & Figli Spa”

NUMERI ADDETTI: Nella fase lainatese gli addetti erano circa 15, col trasferimento a Saronno diventarono una sessantina per proseguire negli anni ’20, ’30 e ’40 a circa 500.

Successivamente col potenziamento dell’indotto, l’introduzione delle macchine a taglio laser e il supporto esterno per la verniciatura, il personale sufficiente è di circa 70 addetti.

MARChIO/LOGO: La Sfinge, il marchio della Parma Antonio & Figli è il simbolo perfetto della loro missione: garantire la totale inacessibilità.

Il primo laboratorio di Antonio Parma per la costruzione di casseforti e congegni di sicurezza sorse nel 1870 a Lainate. Fin dal principio l'impresa curò internamente l'ideazione, la progettazione e la produzione dei sistemi di sicurezza, grazie al lavoro dei propri tecnici e operai specializzati. La qualità dei prodotti si affermò rapidamente sulla piazza milanese: tra i lavori di maggior prestigio eseguiti da Antonio Parma vi fu nel 1881 il sistema di custodia del Pallio d'oro del Volvinio, l'altare della Basilica di Sant'Ambrogio, che restò in uso per più di novant'anni. Nel volgere di pochi decenni l'impresa sentì la necessità di un ampliamento e nel 1902 decise di aprire una nuova fabbrica a Saronno, dove avrebbe potuto sfruttare l'energia elettrica. Nel nuovo stabilimento, organizzato per la produzione in serie, Antonio Parma fece il salto dall'artigianato all'industria. Nei primi anni del Novecento cominciò la produzione di impianti completi di cassette di sicurezza per le banche e dello stesso periodo sono le porte corazzate fornite alla sede della Banca d'Italia e ad altre banche nazionali ed estere. Oltre a primarie istituzioni finanziarie, l'impresa di Saronno vantò tra i propri clienti la Real casa di Savoia e la Santa Sede. Negli ultimi anni prima della sua scomparsa Antonio Parma, che fu insignito del titolo di Cavaliere del Lavoro, decise un nuovo ampliamento dell'area produttiva e una riorganizzazione del reparto commerciale. Dal 1922, anno di morte del fondatore, la società assunse la denominazione di Antonio Parma & Figli e fu gestita dai suoi cinque discendenti. L'impresa aumentò progressivamente la complessità e la dimensione dei propri prodotti e in pochi decenni triplicò le sue dimensioni in termini di organico, arrivando ad impiegare trecento dipendenti. Una filiazione dall'impresa principale fu la Oscam, fabbrica di Solaro che per circa venti anni realizzò arredamenti metallici collaborando con famosi architetti e prestigiosi committenti. Nel secondo dopoguerra restarono alla guida della società fino al 1968 i due figli minori di Antonio, Pio e Ambrogio Parma cui dal 1963 si associò la terza generazione, con cinque dei loro figli e nipoti._x000D_ A partire dagli anni '70 la produzione tradizionale nel campo della sicurezza passiva iniziò a combinarsi con le nuove applicazioni dell'elettronica e l'impresa saronnese continuò a primeggiare nell'innovazione dei prodotti e dei processi realizzativi. Nel 2003 la società, che si trovava sovradimensionata rispetto al proprio mercato, iniziò una profonda ristrutturazione gestita da Piero Parma, ultimo dei figli di Ambrogio, che rilevò la totalità delle quote insieme ai suoi figli Alberto ed Emanuele. Dal 2006 la sede è stata trasferita nel nuovo stabilimento di Solaro.

vecchio stabilimento della Parma casseforti (archivio ditta Parma)

L'industri meccanica, rivista quindicinale, gennaio 1924.