CONFORTI

Nel 1912 il ferroviere Silvio Conforti costruì una cassaforte che venne premiata al concorso nazionale per artigiani “Weil Weiss”. Silvio si licenziò dalle ferrovie e iniziò l’attività di costruzione di forzieri.

La famiglia Conforti è veronese, imparentata con un santo, Guido Maria Conforti, fondatore dei Saveriani, la Pia Società di San Francesco Saverio per le Missioni Estere. Il bisnonno di Leopoldo – medesimo nome – è un operaio delle ferrovie. E anche suo figlio, Silvio, classe 1891, lavora da fabbro attorno a treni e rotaie. In più, sa anche disegnare, avendo fatto le scuole di ornato. Forte di queste esperienze, Silvio apre una bottega di fabbro in vicolo Faustino, nel rione del Redentore a Verona. Fra impegni ferroviari non può starci dietro molto, se ne occupa il padre. Ma l’attività stuzzica Silvio, gli piace esplorarla, allargarne i confini. Così, quando nel 1912 decide di mettersi alla prova partecipando a un concorso importante, indetto per gli artigiani dalla Fondazione Weil Weiss di Lainate, lo fa presentando un prototipo di cassaforte.

Il primo concorso vinto. Il manufatto (alto 69 centimetri, largo 41 e profondo 30) è un piccolo gioiello di perizia artigianale. E anche di sensibilità artistica alle correnti in voga nel periodo: acciaio satinato lavorato tutto a mano, decorazioni floreali che risentono del Liberty a nascondere la serratura (il meccanismo “segreto” a occultare la toppa è caratteristica essenziale nelle casseforti di un tempo, come spiega Leopoldo).

La vittoria al concorso non dà solo soddisfazione, è anche il viatico per un impiego a Torino. La vocazione appena manifestata non viene tradita: apprendista presso la ditta Pistono, specializzata, guarda caso, in casseforti. L’esperienza gli giova per tener dietro alla prime commesse, una volta tornato alla sua bottega artigiana. L’attività promette bene, ma arriva la guerra. La ditta neonata accusa un altro stop. Richiamato sotto le armi, Silvio viene assegnato alle milanesi officine Nicola Romeo (è l’embrione della futura Alfa Romeo) per fare lavori meccanici di precisione, in particolare calibri e spolette per proiettili.

Finito il conflitto, torna presto all’impresa veronese, affiancato, ora, da Celso, il fratello maggiore, che si occupa di commercializzare i prodotti. Nasce qui la prima insegna che recita “Frat. Conforti – Premiata Fabbrica – Casse Forti – intrapanabili incombustibili”. Ormai, stiamo andando verso una dimensione industriale. Nel 1929 viene acquistato dal comune di Verona un terreno nella zona di Porta Palio: 4.500 metri quadrati, dopo aver tirato su un primo capannone, altri ne sorgeranno fino a coprire tutta la superficie disponibile.

I “mezzi forti” (termine che comprende casseforti e porte blindate) costruiti cominciano a diventare imponenti – tre, sei, dodici tonnellate… in grado di resistere ai più competenti assalti 24, 36, 48 ore… – e i primi clienti importanti arrivano dagli orafi vicentini e dalle banche della zona (ma presto arrivano anche le prime commesse della Banca d’Italia).

La Seconda guerra mondiale provoca diversi sconvolgimenti. La produzione di casseforti si arresta nel 1942: non si reperiscono più i metalli necessari a fabbricarle, destinati, piuttosto, all’industria bellica. Pochi mesi dopo, il Rustung Kommando della Wermacht (la sezione che si occupa dei lavori meccanici per l’esercito tedesco) decide che la Conforti deve passare alle sue dipendenze per realizzare porte rinforzate e blindate destinate ai rifugi antiaerei, istallazioni antiscoppio e antigas in cui la Conforti ha già una discreta esperienza avendone preparate alcune per eminenti personalità italiane.

La riconversione postbellica. Non solo, dopo l’8 settembre, proverranno dallo stabilimento di Verona anche le cellule per l’abitacolo dei Messerschmitt, temibili caccia della Luftwaffe. L’esperienza si deposita anche in un aneddoto tramandato a Leopoldo: «Capitava che i disegni che ci arrivavano dalla Germania risultassero avere delle specifiche sbagliate, tipo un perno di un certo tipo che doveva entrare in un foro di diametro diverso. Noi riuscivamo a trovare una soluzione, ci arrangiavamo. Ma i responsabili tedeschi non la vedevano così: a costo di perdere un sacco di tempo, insistevano che i disegni dovevano tornare in Germania per essere rifatti». Un altro aneddoto, invece, riguarda il successivo momento della liberazione. È anche più tragico. Gli impianti marcati Conforti seguono il destino delle più consistenti proprietà pubbliche, come il cosiddetto “Tesoro della Corona”. Questo verrà recuperato dagli Alleati a Fortezza, in Alto Adige. Succede però che un soldato britannico maneggi male la complessa struttura dietro cui è rinchiuso: innesca così un meccanismo che l’uccide, schiacciato dalla porta blindata.


Negli Venti arrivò a produrre anche casseforti da 2 tonnellate. Negli anni Trenta fu avviata nella nuova sede di Porta Palio (VR), casseforti con modelli fino a 11-12 tonnellate fornite anche alla Banca d'Italia. Negli anni del secondo dopoguerra diventò società per azioni con la produzione da una parte di forni per pane e dall'altra casseforti e porte corazzate.

Negli anni Sessanta fu aperto un nuovo stabilimento a S. Martino Buon Albergo (Vr) con la produzione della linea di casseforti eletttronica con la Giano a due fronti per il trasferimento di denaro da e per l'agenzia bancaria.

Negli anni Ottanta è nato lo stabilimento di Borgo Rose (RI) ed è avviata la produzione di modelli che integrano la sicurezza fisica ed elettronica tra cui la cassa continua Sesamo 2000, Armadillo, compattatore corazzato a carrelli mobili. Negli anni 2000 avviene il trasferimento dalla storica sede di via Saffi a Verona a quella di San Martino B.A. (sempre in provincia di Verona).

CASSAFORTE CONFORTI MT 56

Peso: 1900 kg.

Chiusura: combinazione meccanica e chiave a doppia mappa


Cassaforte C3.

Ringrazio per la foto Andrea Paccagnella

CASSAFORTE CONFORTI PL 29 12 Q

CASSAFORTE CONFORTI MT560 20 Q

Porta corazzata Banca D'Italia anni '30

Porta antigas Conforti 1935

cassaforte Conforti EV 16