SERVIZI SEGRETI E POLIZIE

La capacità di aprire senza rompere e talvolta persino di richiudere serrature e casseforti è appannaggio esclusivo di fabbri e serraturieri, di una ristretta elite criminali e di personale delle forze di polizia o dei servizi segreti specificamente addestrato.

In queste pagine esamineremo alcuni casi celebri e altri meno famosi di impiego di tecniche di apertura di serrature e casseforti da parte di agenti segreti e militari in ambito bellico.

LO SCANDALO WATERGATE

Il Watergate, fu uno scandalo politico scoppiato negli Stati Uniti nel 1972, innescato dalla scoperta di alcune intercettazioni illegali effettuate nel quartier generale del Comitato nazionale democratico, da parte di uomini legati al Partito Repubblicano e in particolare al "Comitato per la rielezione" del presidente Richard Nixon.

Lo scandalo - che portò alla richiesta di impeachment e alle dimissioni di Richard Nixon - prese il nome da un complesso edilizio di Washington che ospita il Watergate Hotel, l'albergo in cui furono effettuate le intercettazioni che diedero inizio allo scandalo.

La notte del 17 giugno 1972 Frank Wills, una guardia di sicurezza che lavorava nel complesso di uffici del Watergate Hotel a Washington, notò un pezzo di nastro adesivo sulla porta fra il pozzo delle scale e il parcheggio sotterraneo, che era stato messo per mantenere socchiusa una porta; Wills lo rimosse presumendo che fosse stato dimenticato dall'impresa di pulizia. Più tardi ritornò e scoprì che il nastro era di nuovo al suo posto e così contattò la polizia. Dopo che la polizia arrivò, cinque uomini - Bernard Barker, Virgilio González, Eugenio Martínez, James W. McCord Jr. e Frank Sturgis - furono scoperti e arrestati per essere entrati nel quartier generale del Comitato nazionale democratico, la principale organizzazione per la campagna e la raccolta fondi del Partito Democratico, che all'epoca occupava l'intero sesto piano dell'edificio in cui si trovava anche il Watergate Hotel. Gli uomini erano entrati nello stesso ufficio anche tre settimane prima ed erano tornati per riparare alcune microspie telefoniche che non funzionavano e forse per fare delle fotografie.

L'inchiesta, essendo Washington un distretto federale, ricadeva sotto la giurisdizione dell'FBI che in quel periodo era in una fase di transizione, essendo deceduto da poche settimane lo storico e influente direttore John Edgar Hoover, che aveva mantenuto la guida della struttura investigativa per oltre quaranta anni. Alcuni aspetti dell'effrazione risultarono subito molto singolari: gli uomini arrestati, equipaggiati con attrezzature sofisticate, sembrarono più agenti segreti che comuni ladri d'appartamento; inoltre tra le loro carte furono trovati riferimenti a un certo E. Howard Hunt e dei numeri di telefono della Casa Bianca. Uno degli scassinatori, James McCord, attirò in particolare l'attenzione degli investigatori: era un ex colonnello della riserva dell'USAF, un vecchio agente dell'FBI e della CIA, e soprattutto un membro del "Comitato per la rielezione del presidente" (CRP), un'organizzazione costituita per finanziare e favorire la campagna per la rielezione di Richard Nixon. Risultò subito anche che E. Howard Hunt aveva in precedenza lavorato per la Casa Bianca; venne quindi evocata, soprattutto da esponenti politici democratici, la possibilità di un collegamento tra gli scassinatori del Watergate e gli ambienti vicini al presidente. Un Grand jury federale venne incaricato di istruire il procedimento penale.

L'inchiesta giornalistica promossa da due reporter, Bob Woodward e Carl Bernstein, suscitò la crescente attenzione nell'opinione pubblica per la vicenda che, iniziata come modesto reato compiuto da personaggi secondari, crebbe fino a coinvolgere gli uomini più vicini al presidente, lo stesso Nixon e tutto il suo sistema di governo incentrato su attività illegali di controllo e spionaggio interno attuate allo scopo di mantenere il potere.

Lo scandalo si sviluppò nel contesto della crisi politico-sociale presente da anni negli Stati Uniti a seguito soprattutto delle vicende della guerra del Vietnam. L'affare Watergate si prolungò con una serie di eventi sempre più clamorosi per circa due anni (1972-1974).

Uno dei personaggi più importanti dello scandalo fu il giovane consulente legale della Casa Bianca, John Dean, che in un primo tempo svolse con abilità il compito ricevuto da Nixon di controllare la fuga di notizie e di proteggere il presidente dal coinvolgimento nella vicenda, corrompendo con il denaro i personaggi minori direttamente implicati nei reati, e poi, dopo il famoso colloquio con Nixon del 21 marzo 1973 in cui parlò della presenza di un "cancro dentro la Casa Bianca", decise di testimoniare davanti alla Commissione del Senato e descrisse con molti dettagli tutti gli aspetti della vicenda, coinvolgendo in pieno anche il presidente.

Nixon continuò a resistere a due anni e cercò di minimizzare le sue responsabilità scaricando le colpe su alcuni dei suoi collaboratori più importanti, ma la pubblicazione della registrazione segreta nota come "la pistola fumante" (smoking gun) nell'agosto 1974 da cui si evinceva che il presidente era stato al corrente fin dall'inizio delle attività illegali e aveva sfruttato il suo potere per occultare il coinvolgimento diretto degli uomini della Casa Bianca, portò con sé la prospettiva di un sicuro impeachment. Richard Nixon diede le dimissioni pochi giorni dopo, l'8 agosto 1974.


Fonti:

https://abcnews.go.com/Politics/photos/rarely-photos-watergate-break-47988660/image-48008870

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Scandalo_Watergate

https://abcnews.go.com/Politics/photos/rarely-photos-watergate-break-47988660/image-48008870

GLI SCASSINATORI DEL MOSSAD

Realtà o finzione, non si sa. Ma questo brano del romanzo "Il pugno di Dio" di Frederick Forsith descrive in modo curioso le presunte abilità del servizio segreto israeliano in meteria di serrature:

"...L'Osservatore non era solo. L'uomo che l'accompagnava era conosciuto semplicemente come "lo Scassinatore", perché tale era la sua specialità.

Se il Mossad possiede a Tel Aviv una collezione ineguagliabile di società fasulle, passaporti falsi, carte intestate e tutti gli altri strumenti di simulazione, il posto d'onore appartiene però di diritto ai suoi scassinatori. L'abilità con cui il Mossad riesce a penetrare nei luoghi tenuti sottochiave è leggendaria nel mondo delle operazioni clandestine. Da molto tempo i suoi uomini sono considerati i migliori nell'arte dell'effrazio ne. Se al Watergate avesse agito una squadra neviot, nessuno si sarebbe mai accorto di niente.

La fama degli scassinatori israeliani è tale che nel passato, quando i fabbricanti inglesi sottoponevano un loro prodotto all'esame del Sis, la Century House lo passava a sua volta a Tel Aviv. Il Mossad lo studiava, scopriva il modo di scassinarlo, quindi lo restituiva a Londra dichiarandolo "inattaccabile". Dopo qualche tempo il Sis aveva finito per scoprire il trucco.

La prima volta che un'azienda britannica aveva progettato una serratura nuova particolarmente geniale, la Century House l'aveva invitata a riprendersela, a tenerla da parte e a fornirne una un po' più "facile" per l'analisi. La versione faci le era stata spedita a Tel Aviv, dove era stata studiata, debita mente scassinata, e infine rimandata a Londra con il giudizio "inattaccabile". Dopodiché il Sis aveva suggerito alla fabbrica di mettere sul mercato l'altra versione, quella originale. Lo scherzetto aveva provocato un incidente imbarazzante un anno dopo, quando uno Scassinatore del Mossad aveva passato tre ore esasperanti, lavorando su una serratura di quel tipo nel corridoio di un palazzo di uffici in una capitale euro pea, prima di vedersi costretto a rinunciare. Da quel giorno gli inglesi collaudano direttamente le loro serrature e lasciano che il Mossad si arrangi da solo. Lo Scassinatore inviato da Tel Aviv non era il migliore di Israele, bensì il secondo. La scelta aveva una sua ragione: egli aveva qualcosa che lo Scassinatore più abile non possedeva.

Durante la notte il giovane ascoltò per sei ore le spiegazioni di Gidi Barzilai alla produzione dell'ebanista franco-tedesco Riesener e una descrizione fornita dall'Osservatore sulla pla nimetria della sede della Winkler Bank. La squadra di sorve glianza yarid completò la lezione con un ragguaglio sui movimenti della guardia notturna, preparato prendendo nota dei momenti e dei locali in cui le luci si accendevano e si spegne vano nel corso della notte"...

BLACK BAG JOBS E L'FBI

FINAL REPORT OF THE SELECT COMMITTEE TO STUDY GOVERNMENTAL OPERATIONS WITH RESPECT TO INTELLIGENCE ACTIVITIES UNITED STATES SENATE

23 aprile 1976

WARRANTLESS SURREPTITIOUS ENTRIES: FBI "BLACK BAG" BREAK-INS AND MICROPHONE INSTALLATIONS

SUPPLEMENTARY DETAILED STAFF REPORTS ON INTELLIGENCE ACTIVITIES AND THE RIGHTS OF AMERICANS

"Dal 1948 l'FBI ha condotto centinaia di accessi clandestini senza mandato per raccogliere informazioni d'interesse nazionali e internazionale, nonostante la discutibile legalità della tecnica e la profonda intrusione nella privacy degli individui. Prima del 1966, l'FBI conduceva oltre duecento "lavori da borsa nera" ("black bag jobs"). Questi accessi clandestini senza mandato sono state effettuati per scopi di intelligence diversi dall'installazione di microfoni, come perquisizioni fisiche e fotografie o sequestro di documenti. Dal 1960, l'FBI ha condotto più di cinquecento installazioni di microfoni clandestini senza mandato contro obiettivi di intelligence e sicurezza interna, una tecnica che il Dipartimento di Giustizia consente ancora. Quasi altrettanti accessi clandestini sono stati condotti nello stesso periodo contro obiettivi di indagini penali.

Sebbene diversi procuratori generali fossero a conoscenza della pratica dell'FBI di effrazioni per installare dispositivi di ascolto elettronici, non vi è alcuna indicazione che l'FBI abbia informato alcun procuratore generale del suo uso di "black bag jobs".

Accessi clandestine sono state eseguite da squadre di agenti dell'FBI con una formazione speciale in materie come "lock studies". Le loro missioni sono state autorizzate per iscritto dal direttore dell'FBI Hoover o dal suo vice, Clyde Tolson. È stata utilizzata una procedura "Do Not File", in base alla quale la maggior parte dei record di voci surrettizie sono state distrutte subito dopo che una voce è stata completata.

L'uso di voci di nascosto contro obiettivi interni è diminuito drasticamente dopo che J. Edgar Hoover ha vietato i "lavori da borsa nera" nel 1966. Nel 1970, nel Piano Huston fu proposto l'allentamento delle restrizioni sulle tecniche di intelligence interna come le voci furtive. Hoover si oppose a questa proposta, sebbene esprimesse la volontà di seguire il Piano Huston, se richiesto dal Procuratore Generale.

Fonte: https://www.hsdl.org/?view&did=479840

2014 REPUBBLICA CECA. MUORE IN UN'ESPLOSIONE IN CASA L'AMBASCIATORE PALESTINESE

Praga, 1 gennaio 2014

E' giallo sulle cause della tragedia: per il ministero degli Esteri guidato da Al-Maliki lo scoppio è avvenuto mentre il diplomatico stava spostando una vecchia cassaforte chiusa da 30 anni. La polizia locale esclude l'omicidio e l'attacco terroristico, ma l'Anp invierà nella capitale europea un team di esperti da affiancare agli investigatori.

L'ambasciatore palestinese in Repubblica Ceca, Jamel al-Jamal, 56 anni, è morto a seguito dell'esplosione avvenuta nel proprio appartamento a Praga. Lo riferisce una portavoce della polizia ceca, Andrea Zoulova. Il ministero degli Esteri palestinese guidato da Riyad Al-Maliki aveva fatto sapere che l'esplosione era avvenuta mentre l'ambasciatore stava spostando una vecchia cassaforte, ma non è ancora chiaro come fossero finiti sul posto gli esplosivi che l'hanno ucciso. Parlando con l'Associated Press, il ministro ha escluso l'ipotesi dell'omicidio, e proprio sugli esplosivi ha affermato che quella cassaforte era dell'ambasciata. "L'ambasciatore ha deciso di aprirla e dopo che l'ha aperta pare che sia avvenuto qualcosa all'interno. A quel punto è scoppiata", ha detto Maliki. Inoltre non è chiaro dove sia stata la cassaforte in questi 30 anni: durante la Guerra fredda, l'Olp ha mantenuto una presenza in molti Paesi del blocco orientale.

Di sicuro c'è che Jamel al-Jamal è morto poche ore dopo esser rimasto gravemente ferito. Era stato ricoverato nell'ospedale militare di Praga in condizioni disperate e i medici lo avevano tenuto in coma artificiale. Sotto shock una donna di 52 anni che si trovava con al-Jamal in casa al momento dell'esplosione. In un primo momento si era parlato della moglie del diplomatico (e si era detto che la famiglia di al-Jamal si era trasferita da poco nella nuova residenza su due piani, a nord di Praga), salvo poi rettificare per sottolineare che la sua identità non era stata resa nota. Lei, tuttavia, è stata portata in un altro ospedale a causa delle inalazioni di fumo. Secondo fonti vicine all'inchiesta - e citate dal sito Novinky.cz. -, è probabile che il diplomatico avesse "maneggiato in modo maldestro pericolose sostanze esplosive". Da Ramallah, sede dell'Anp, invece, una fonte palestinese ha riferito che l'esplosione sarebbe avvenuta mentre l'ambasciatore apriva una vecchia valigia.

Intanto, la portavoce Zoulova riferisce alla Cnn - che "le prime informazioni ottenute dagli investigatori suggeriscono che molto probabilmente non si è trattato di un attacco terroristico". Qualche ora più tardi, infatti, il sito Novinky.cz scrive che la polizia ha trovato una grande quantità di armi oltre ad esplosivo nella residenza dell'ambasciatore palestinese. Ma l'Anp (vale a dire l'Autorità nazionale palestinese) invierà domani a Praga una equipe di esperti da affiancare alla polizia ceca per indagare sulle circostanze della deflagrazione.

Fonte: Repubblica.it

SCASSINATORI E SERVIZI SEGRETI AMERICANI NELLA II GUERRA MONDIALE

Nel marzo 1942 il SIS, l’Ufficio dei servizi strategici, predecessore della CIA, ricevette insistenti pressioni dall'Ammiragliato britannico per procurarsi copia del cifrario navale francese di cui era conservata una copia presso l'ufficio dell'addetto navale di Vichy a Washington.

Nella notte del 21 giugno 1942 fu avviata l’azione per impadronirsi dei codici conservarti all’interno di una cassaforte. Amy Elizabeth "Betty" Thorpe (November 22, 1910 – December 1, 1963), in codice agente Cynthia, organizzò un’azione all’interno dell’ambasciata con il suo amante, che lì era l’addetto stampa. Entrata nell’ambsciata lanciò un segnale allo specialista di casseforti noto come "Georgia Cracker", uno scassinatore liberato dal carcere soltanto per svolgere questa pericolosa missione. Lo scassinatore aprì senza danni le porte dell’ufficio e impiegò oltre tre ore per decifrare la combinazione. Aperta la cassaforte, i libri dei codici furono trasportati da un team dell’OSS in un hotel vicino e riportati da Cynthia in cassaforte prima dell’alba. I codici sottratti contribuirono alle operazioni dell’OSS in Nord Africa che aprirono la strada all'invasione degli Alleati nei mesi successivi.

SCASSINATORI E SERVIZI SEGRETI BRITANNICI

Anche i britannici dal canto loro utilizzarono scassinatori in operazioni clandestine. Uno dei più famosi fu Edward Arnold “Eddie” Chapman (Burnopfield, 16 novembre 1914 – 11 dicembre 1997) con il nome in codice agente Zig Zag.

Eddie Chapman prima della Seconda Guerra mondiale esercitava con successo la professione di scassinatore a Londra: la sua principale abilità personale consisteva nello stimare con la massima precisione la quantità esatta di esplosivo per aprire una cassaforte, senza rischiare troppo personalmente e soprattutto senza danneggiare in alcun modo il prezioso contenuto. Poiché normalmente usava nitroglicerina questo suo talento era determinante nella riuscita professionale. All’inizio del 1939 si era trasferito sull’isola di Jersey, una delle isole del Canale, territorio inglese vicinissimo alla costa francese dove però fu arrestato lo stesso e condannato a due anni da scontare nella prigione dell’isola. Quando Jersey fu occupata dai tedeschi, Chapman escogitò il primo di una serie di astuti stratagemmi per essere arruolato nell’Abwehr. Questo servizio segreto, nonostante la grande capacità operativa, stentava a reclutare agenti da inviare in Gran Bretagna e lo trattò pertanto con un’attenzione speciale mentre Chapman mirava soltanto a casa.

Dopo l’addestramento in Francia fu lanciato nel dicembre 1942 sulla Gran Bretagna, ma fu catturato dopo poche ore. Non fu difficile convincerlo a diventare il più grande doppio giochista della Seconda Guerra mondiale. Da agente “Fritzchen” dell’Abwehr (in tedesco “piccolo Fritz”) divenne per gli inglesi “Zig Zag”, nome che alludeva al cambiamento di fronte da lui vissuto.

La più grande impresa di Chapman avvenne nella notte tra il 29 e il 30 gennaio 1943 quando una squadra di bombardieri tedeschi credette di bombardare una fabbrica di aeroplani di nuova concezione. L’azione fu accreditata anche dalla stampa inglese. Si trattava però in realtà soltanto di finti edifici di legno e carta. Chapman aveva passato la falsa informazione ai tedeschi che si convinsero in breve di aver raso al suolo uno stabilimento essenziale per la produzione bellica. L’esperienza di scassinatore e criminale certamente favorì Chapman nell’arte dell’inganno.

Altro personaggio di rilievo fu Johnny Ramensky, nato Jonas Ramanauckas, il 6 aprile 1905 in una famiglia di origine lituana a Glenboig nel North Lanarkshire in Scozia. Ramensky, uomo di di grande forza e di notevoli doti ginniche, aveva imparato ad utilizzare fin da giovanissimo gli esplosivi lavorando come minatore. Durante la crisi economica mondiale, Ramensky mise a frutto le sue abilità e divenne il più famoso scassinatore di Scozia. Lo chiamavano “Gentle Johnny” perché non rubava mai alla gente comune, depredava solo case ed esercizi commerciali dei ricchi, senza mai ricorrere alla violenza.

Dopo essere stato arrestato, Ramensky fu rilasciato nel 1943 dopo aver scontato una pena nella prigione di Peterhead. Durante la detenzione, aveva cercato referenze per arruolarsi nell'esercito fino a che un alto ufficiale di polizia di Aberdeen aveva attirato l'interesse di Robert Laycock che era alla ricerca di persone con abilità particolari da reclutare nei “commando”. Arruolato ufficialmente con i Royal Fusiliers, in realtà non ha mai servito con loro, trascorrendo l'intero servizio in guerra con il No. 30 Commando.Ramensky, usando le sue abilità nell’apertura delle casseforti mediante gli esplosivi, fu protagonista di una serie di missioni dietro le linee nemiche per recuperare documenti dal quartier generale dell'Asse, incluso il quartier generale di Rommel in Nord Africa e la residenza Carinhall di Hermann Göring nella foresta di Schorfheide.

Questo culminò durante la campagna italiana, in cui furono aperte 14 casseforti di ambasciate in un solo giorno. Finita la guerra, Ramensky tornò al suo lavoro di scasso. Morì nel 1972 dopo aver trascorso più di metà della sua vita in carcere.

UN ATTREZZO DA SPIE

Durante la guerra non vi fu solo l’impiego di scassinatori professionisti ma le tecniche di scasso furono introdotte come parte del programma di formazione da vari servizi segreti e forze speciali. L’OSS statunitense e il SOE britannico istruirono il loro personale all’impiego di tecniche almeno basiche per l’apertura di serrature e casseforti. Queste competenze erano considerate così importanti che per gli agenti dell’OSS fu realizzato un temperino-grimaldello, detto “Jack Knife,”, distribuito dagli inizi del 1944, adatto ad aprire sia serrature a pistoncini tipo Yale sia chiavi a mappa di tipo tradizionale in modo da poter affrontrare un’ampia gamma di esigenze durante missioni di spionaggio o di evasione e fuga.

IL COLPO DI ZURIGO

L’episodio più famoso che vide l’impiego di tecniche da scassinatori ebbe luogo il 24 febbraio 1917. Mentre le strade di Zurigo erano in festa per il Carnevale quattro agenti segreti italiani penetrarono nel consolato austriaco in Svizzera, aprirono le porte con chiavi false, forzarono la cassaforte e si impadronirono dell’elenco delle operazioni in corso e dei nomi di agenti segreti e sabotatori operanti in Italia.

L’azione fu l’atto finale di due anni di indagini da parte della Regia Marina per identificare le cause di sabotaggi tanto misteriosi quanto clamorosi ai danni di industrie e armamenti italiani.

Il 27 settembre 1915 nel porto di Brindisi si era verificata un’esplosione nella corazzata “Benedetto Brin”, che era affondata rapidamente uccidendo 454 marinai. Un altro disastro si era verificato il 2 agosto 1916: un incendio nella corazzata Leonardo da Vinci aveva ucciso 270 tra marinai e ufficiali.

A questi gravi fatti erano seguiti altri disastri senza apparente spiegazione: un incendio nel porto di Genova, l’esplosione del piroscafo Etruria a Livorno, l'incendio dell’hangar dei dirigibili ad Ancona, l’attentato alla fabbrica SIPE a Cengio nel savonese, l’esplosione di un treno carico di munizioni alla Spezia. Per caso nel corso di un tentativo di danneggiamento della centrale idroelettrica di Terni i carabinieri riuscirono ad arrestare un sabotatore mentre stava cercando di collocare una carica esplosiva sotto la diga del bacino delle Marmore. L’attentatore italiano ammise di agire per denaro e il fatto fu confermato dalla cattura di una secondo uomo che aveva il progetto di sabotare le centrali elettriche del Chiamonte e del Sempione. Le indagini portano a identificare nel consolato austriaco a Zurigo la base operativa degli agenti segreti. Capo dell’organizzazione era un diplomatico, il capitano di corvetta Rudolph Mayer.

Fu così avviata una missione segreta italiana per smantellare la rete spionistica austriaca, che venne affidata al quarantaduenne capitano di corvetta Pompeo Aloisi. Dopo le prime osservazioni dell’edificio, Aloisi costituì una squadra di specialisti. Il primo componente fu l’avvocato Livio Bini, rifugiato a Zurigo, che svolse appoggio logistico. Fu reclutato poi un austriaco traditore che indicò la collocazione della cassaforte e fornì i calchi delle chiavi per aprire le varie porte. Furono poi reclutati il profugo triestino Remigio Bronzin, operaio della Stigler, esperto nel realizzare i doppioni delle chiavi. Completavano la squadra due ingegneri triestini, Salvatore Bonnes e Ugo Cappelletti, e il marinaio Stenos Tanzini, di Lodi, a cui fu affidato il compito di guidare l’incursione. Lo scassinatore Natale Papini fu reclutato in carcere a Livorno, dove era finito per avere svaligiato una banca di Viareggio. La scelta tra recarsi a Zurigo e, in caso di successo del colpo, venire liberato e profumatamente ricompensato, oppure finire subito in prima linea fu decisamente facile.

Aloisi stabilì di agire il 22 febbraio durante il carnevale, contando sulla confusione per facilitare l'azione. Tanzini, Papini, Bronzin e Bini passando inosservati nelle strade in festa, entrarono nell'edificio e aprirono 16 porte una dopo l'altra. Ne trovarono però una diciassettesima chiusa di cui non disponevano del calco della relativa chiave e dovettero ritirarsi. In breve tempo la spia austriaca doppiogiochista si procurò anche il calco mancante che Bronzin fabbricò rapidamente. Il 24 febbraio il gruppo tornò all’azione apparentemente senza ostacoli, vista l’assenza dei due guardiani. Il cane da guardia fu narcotizzato e le porte furono aperte. L’assalto alla cassaforte era stato progettato con la fiamma ossidrica, strumento che confidavano potesse forzarla in breve tempo. Durante le manovre di taglio della corazza, dal buco aperto nella parete d'acciaio si sprigionò una nube di gas lacrimogeno. La squadra italiana fu così costretta a portare avanti l’azione in condioni proibitive, costretta ad aprire le finestre con il rischio di farsi scoprire e continuando a lavorare con stracci bagnati a difesa delle vie respiratorie. Si trattava di un consegno all’epoca piuttosti diffuso.

Come difesa contro le tecniche di perforazione erano impiegati ampolle di gas lacrimogeno o altri aggressivi chimici, poste in corrispondenza dei punti più vulnerabili. Queste difese non costituivano un ostacolo di per sé insormontabile contro gli scassinatori professionisti ma li costringevano a lavorare molto più faticosamente indossando maschere antigas.

Dopo quattro ore di lavoro la cassaforte fu conquistata. All’interno documenti sull’intera rete di spie e sulle operazioni in corso, oltre a una grossa somma di denaro, centinaia di sterline d’oro, gioielli e altri preziosi. Tanzini e Papini trasportarono alla stazione il contenuto del forziere in tre valigie mentre Bronzin raggiunse il consolato italiano per avvisare Cappelletti e Bonnes del buon esito dell’impresa. Tutti partirono poi verso la capitale svizzera per consegnare il materiale ad Aloisi. Una volta esaminati i documenti, in Italia polizia e carabinieri avviarono una campagna di arresti dei sabotatori portando allo smantellamento della rete spionistica austriaca.

Questa avventurosa azione ispirò il film “Senza bandiera” realizzato nel 1951 dal regista Lionello De Felice.

Natale Papini

Scassinatori sorpresi da un’improvvisa nube di gas lacrimogeno sprigionata da ampolle immerse nella parete di calcestruzzo del forziere. Si trattava di una tecnica, oggi proibita, piuttosto frequente nei primi decenni del secolo.

IL FURTO DEL BLACK CODE

Uno degli eventi che ha segnato le sorti delle operazioni militari in Nord Africa durante la Seconda guerra mondiale è stato il furto del Black Code, il codice utilizzato dagli addetti militari delle ambasciate statunitensi per comunicare con il Dipartimento di Stato. La sua conoscenza, infatti, permise alle Potenze dell'Asse di conoscere in anticipo le operazioni degli Alleati nel periodo 1941-1942.


Storia

Il codice fu sottratto all'ambasciata americana di Roma da parte di due carabinieri del SIM (Servizio Informazioni Militare) diretto dal colonnello Cesare Amè, grazie anche alla complicità di due uscieri italiani. Gli uscieri, infatti, riuscirono a prendere un calco della chiave che apriva la cassaforte utilizzata dal colonnello Norman Fiske, uno degli addetti dell'ambasciata, e dove si custodiva anche il black code. La chiave fu poi riprodotta e provata con successo. A questo punto intervennero due carabinieri della Sezione "P" (Prelevamento), comandata dal colonnello Manfredi Talamo, che nottetempo e con la complicità degli uscieri (uno si chiamava Loris Gherardi) entrarono nell'ambasciata, prelevarono il codice, lo portarono nel quartier generale del SIM per fotografarlo e quindi lo riposero nuovamente al suo posto.

Il tutto avvenne nel settembre 1941, cioè quando gli Stati Uniti non erano ancora entrati in guerra e quindi erano una nazione neutrale. Le informazioni così carpite divennero molto interessanti soprattutto quando, con l'entrata in guerra degli Stati Uniti nel dicembre 1941, il colonnello statunitense Frank Bonner Fellers fu trasferito al Cairo come ufficiale di collegamento con il comando britannico e cominciò ad utilizzare il codice per inviare informazioni dettagliate sulla situazione delle truppe e le intenzioni dei comandanti. Il codice, infatti, non fu cambiato con l'entrata in guerra degli Stati Uniti e così Feller, a sua insaputa, divenne una preziosa fonte di informazioni per le forze dell'Asse, contribuendo non poco ai successi di Rommel che quotidianamente riceveva un bollettino con quanto intercettato. Il SIM infatti passava ai tedeschi solo le trascrizioni e non condivise mai con gli alleati tedeschi le chiavi del codice stesso. Ma gli italiani non sapevano che il Chiffrierabteilung, l'ufficio di crittoanalisi tedesco, nell'autunno del 1941 era riuscito a sua volta a decodificare lo stesso codice e nella loro stazione di ascolto posta in un castello medioevale di Lauf an der Pegnitz presso Norimberga avevano 150 tecnici che ascoltavano le stesse trasmissioni e le decodificavano.

I messaggi di Feller (che Rommel cominciò ad indicare come "die gute Quelle", la buona fonte in tedesco) erano facilmente riconoscibili tra i tanti che viaggiavano nell'etere, in quanto l'ufficiale li inviava sempre a MILID WASH (Military Intelligence Division, Washington) o AGWAR WASH (Adjutant General, War Department, Washington) e li firmava invariabilmente con FELLERS. Grazie alle informazioni ricevute, Rommel poté così manovrare meglio conoscendo in anticipo le mosse dell'avversario. I messaggi di Feller furono essenziali anche mettere in allarme le potenze dell'Asse sulle operazioni Vigorous ed Harpoon, due convogli inviati, rispettivamente, da Gibilterra ed Alessandria d'Egitto per rifornire Malta tra il 14 ed il 16 giugno 1942: per i continui attacchi subiti il convoglio proveniente da Gibilterra fu costretto a rientrare, di quello partito da Alessandria giunsero a destinazione solo due mercantili su sei.

Il SIM intercettando un messaggio del colonnello Feller rilevò che nel giugno 1942 due convogli alleati sarebbero giunti a Malta, e così nella battaglia di mezzo giugno ci fu uno dei successi della Regia Marina nella seconda guerra mondiale. Poiché gli italo-tedeschi agivano, sia nel teatro del Mediterraneo che in quello Nord Africano, sempre d'anticipo mostrando di conoscere in dettaglio i loro piani, gli inglesi cominciarono a sospettare una falla nel loro sistema di sicurezza, intuendo anche che era rappresentata da Feller. Ma non poterono provarlo.

Poi accadde l'inatteso: il 26 giugno la radio tedesca trasmise un radiodramma ambientato in un ufficio informazioni britannico o statunitense che raccontava di un ufficiale alleato al Cairo che trasmetteva informazioni a Washington. Gli americani cambiarono immediatamente il codice e richiamarono Feller in patria. Così Rommel perse la sua principale fonte di informazioni nella guerra d'Africa. Feller fu posto sotto inchiesta ma fu prosciolto.

La conferma della falla gli inglesi la ottennero il 10 luglio quando la compagnia intercettazioni del 621º battaglione trasmissioni dell'Africa Korps, comandata dal capitano Alfred Seebohm si trovò suo malgrado a dover tappare una falla nelle linee dell'Asse; Seebohm morì insieme con parte del suo personale altamente addestrato e parte dei documenti cadde in mano nemica. Gli inglesi quando esaminarono le carte sequestrate vi trovarono le trascrizioni dei messaggi di Feller.

Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Furto_del_Black_Code

SCASSINATORI AL FRONTE

Corriere d'informazione, 21-22 febbraio 1951

Corriere d'Informazione, 17-18 agosto 1956

La Stampa, 25 giugno 2003



SCASSINATORI IN LIBIA

Libia, 22 maggio 2016.

Uno dei due governi della Libia ha assunto degli scassinatori

La banca centrale fedele al governo di Tobruk, uno dei due che si dividono il controllo della Libia, ha assunto due scassinatori professionisti per aprire una cassaforte che contiene più di 150 milioni di euro in monete d’oro e argento. I funzionari della banca centrale fedeli al governo rivale, quello di Tripoli, appoggiato dalla comunità internazionale, conoscono la combinazione che apre la cassaforte ma non hanno nessuna intenzione di consegnarla ai loro nemici. Il Wall Street Journal è riuscito a intervistare i due scassinatori, conosciuti soltanto come “Khaled”, un ingegnere, e “al Fitouri”, un fabbro. I due progettano di aprire un buco nella parete di cemento del caveau e quindi di mettersi al lavoro sulla cassaforte utilizzando alcune tecniche che preferiscono non divulgare.

Notizia completa: Link

SCASSINATORI E IMPRESA DI FIUME

OPERAZIONI CLANESTINE DEL MOSSAD IN IRAN

30 aprile 2018. Ilpremier israeliano Benjamin Netanyahu lancia un'accusa nei confronti dell'Iran: "Teheran mente sfacciatamente sulle sue armi nucleari" e "punta a dotarsi di almeno cinque ordigni nucleari analoghi a quelli utilizzati su Hiroshima". Alle spalle del primo ministro appaiono diverse immagini. Ai più dicono poco o nulla, ma sono il frutto di anni di lavoro dei servizi segreti israeliani.

Si tratta, prosegue Netanayhu, di 55mila documenti e altri 55mila file su cd, "copia esatta degli originali provenienti dagli archivi segreti di Teheran". Prove che confermerebbero l'esistenza del piano di riarmo nucleare dell'Iran, chiamato "Amad".Si tratta - conclude Neatanyahu - di uno dei maggiori successi di intelligence che Israele abbia mai conseguito". Difficile ribattere. Questi documenti, infatti, contribuiranno a far saltare l'accordo che gli Stati Uniti, insieme a Francia, Russia, Regno Unito e Germania, avevano siglato con l'Iran.

Il New York Times, in un articolo del 15 luglio 2018, poco più di due mesi dopo le parole di Netanyahu, ha cercato di fare un po' di chiarezza: "Gli agenti del Mossad che si sono trasferiti in un magazzino in uno squallido quartiere commerciale di Teheran sapevano esattamente quanto tempo avevano per disattivare gli allarmi, sfondare due porte, tagliare dozzine di casseforti giganti e uscire dalla città con la metà del materiale segreto: sei ore e 29 minuti". Tutto si gioca in una manciata di secondi: quella notte, il 31 gennaio, gli agenti del Mossad aprono 32 cassaforti, dalle quali riescono a trafugare parecchio materiale. Il tempo scorre veloce. Troppo, forse. Tre, due, uno. Finito. Bisogna partire. La squadra israeliana si dirige verso il confine, "trasportando circa 50mila pagine e 163 compact disc di promemoria, video e progetti".

Fonte: https://www.ilgiornale.it/news/mondo/mossad-notte-teheran-1895078.html

UN'AZIONE DEL SERVIZIO INFORMAZIONI MILITARE DURANTE LA II G.M.

Tra le "armi segrete" italiane durante la Seconda guerra mondiale vi sono stati i servizi segreti, impegnati in attività di controspionaggio, di "prelevamento" e di decrittazione. I tentativi di infiltrare agenti sul territorio italiano da parte dei servizi segreti nemici, in particolare britannici, per operazioni di intelligence e sabotaggio, non ebbero mai successo: le reti di spie vennero tutte scoperte e sbandate o abilmente utilizzate per la controinformazione. Carabinieri "scassinatori" sottrassero all'ambasciata americana a Roma nel settembre del 1941, quando gli USA non erano ancora entrati in guerra, il "Black Code" americano, riuscendo così a fornire al generale Rommel preziosissime informazioni sulle intenzioni dei britannici in Nord Africa. Quando sempre in questo teatro di guerra i britannici sembrarono leggere in anticipo le intenzioni delle armate dell'Asse, i tedeschi si convinsero che la responsabilità della fuga di notizie fosse tutta italiana. Invece la realtà era esattamente opposta: gli Alleati non riuscirono mai a decifrare i codici italiani, mentre grazie al matematico Alan Turing, i servizi segreti britannici avevano realizzato Ultra riuscendo così a decrittare i codici prodotti dalla macchina tedesca Enigma.

L’11 dicembre 1941, la Sezione prelevamento del Sim (Servizio Informazioni Militare) penetra nell’Ambasciata degli Stati Uniti, in Via Veneto, e si impossessa del Black Code (Codice Nero) custodito nella cassaforte dell’Addetto militare a Roma, colonnello Norman E. Fiske. La stupefacente azione fu diretta dal Comandante della Sezione “P”, il maggiore dei Carabinieri Manfredi Talamo, uno dei più capaci collaboratori del colonnello Cesare Amé, direttore del Sim.

L’operazione venne preparata con cura da Talamo e richiese, per questo, molto tempo. Come primo atto, furono infiltrati due agenti nell’Ambasciata Usa, in qualità di uscieri. La notte stabilita entrarono in azione il maggiore Talamo, due sottufficiali e i due infiltrati, i quali avevano già preso l’impronta di ben cinque chiavi. Codici e documenti furono portati nella vicina “Sezione fotografica” del Sim dove furono fotografati (migliaia di pagine). Dopo un paio d’ore tutto venne riportato nella cassaforte. Le copie andarono alla Sezione crittografica dei Servizi, a Forte Braschi. All’entrata in guerra, gli Usa non cambiarono il Black Code, ritenuto impenetrabile. Al Cairo, il colonnello statunitense Frank Bonner Fellers, ufficiale di collegamento col Comando inglese in Medio Oriente e con il Comando dell’VIII Armata, trasmetteva al Dipartimento Usa della Difesa tutti i piani dei suddetti comandi britannici: usando naturalmente il Codice Nero. Il Sim a Forte Braschi intercettava e decrittava, trasmettendo quanto d’interesse anche ai tedeschi (Comando Forze Sud, a Frascati, di Kesselring) che le riversavano in Africa Settentrionale a Rommel. Fu grazie a questa azione informativa che, a partire dalla controffensiva italo-tedesca del 21 gennaio 1942, tutti i piani dell’VIII Armata furono intercettati e decrittati. Le vittoriose azioni dell’Armata italo-tedesca furono realizzate anche grazie all’operazione del maggiore Talamo. La situazione favorevole agli italiani avrà termine il 9 luglio 1942 per colpa del Capo dei Servizi informativi dell’Afrika Korps, von Mellenthin, che aveva imposto alla Compagnia intercettazione del capitano Seebohm di schierarsi a ridosso della prima linea. Nel corso dell’attacco, gli australiani, debellati gli uomini di Seebohm, entrarono nella struttura del Comando, ove trovarono anche i messaggi di Fellers. Da allora, cambiati i codici Usa, terminava ogni possibilità d’intercettazione. Per contro, con il codice Ultra, gli inglesi potranno continuare a leggere in tempi reali tutti i messaggi dell’armata italo-tedesca. Un notevole aiuto per la vittoria degli Alleati nell’Africa del Nord (nulla si legge al riguardo nella memorialistica di Alexander o di altri).

Dopo l’8 settembre le Forze Armate Italiane rimaste senza ordini erano ormai allo sbando, ma alcune unità dell’Esercito e della Marina contrastarono i tedeschi, a Roma, Bari, ed anche a Castellammare di Stabia, riuscendo in pochi, ma eroici casi a prevalere. Migliaia furono i caduti fra i Partigiani e la popolazione, molti i deportati nei lager nazisti. I Carabinieri si resero conto di non potersi più fidare degli ex alleati e decisero di attivare una serie di tattiche. Le armi non vennero consegnate o furono rese inservibili, le perquisizioni imposte dai nazisti non vennero eseguite. Dopo l’armistizio allestisce a Bari un’emittente radiofonica per stabilire un collegamento con il nucleo clandestino di carabinieri reali organizzato nella capitale. Portatosi a Roma per dirigere la struttura clandestina filomonarchica fu arrestato il 5 ottobre del 1943, torturato e interrogato, ma senza risultato, proprio da Kappler capo delle SS di stanza a Roma.

Nel periodo della sua detenzione, il 23 marzo 1944 i partigiani attaccarono a Roma in via Rasella, un manipolo di soldati tedeschi; nell’attentato morirono trentatré militari. Il Comando Tedesco, seguendo le direttive del Fuhrer, diede l’ordine di radunare e condannare a morte tutti i ribelli sovversivi catturati in seguito all’agguato. Il Kappler organizzò la lista dei condannati a morte: civili, ebrei, persone messe a disposizione dal questore di Roma e prigionieri prelevati dal carcere di Regina Coeli.

Il Kappler per ricambiare l’“affronto” che il Talamo gli aveva fatto quando era a Capo della Sezione P rivelando il tradimento dell’addetto culturale tedesco Kurt Saurer, inserì nell’elenco dei condannati, insieme ad altro personale dell’Arma, anche il suo nominativo.

Il 24 marzo 1944 il Kappler ebbe la sua misera rivalsa, l’Italia invece ebbe a celebrare un altro gesto di eroismo e di incorruttibilità con la decorazione alla memoria che recita:

“Nell’assolvere delicate rischiose mansioni, eccelleva per rare virtù militari ed impareggiabile senso del dovere, rendendo al Paese, in pace e in guerra, servizi di inestimabile valore. Caduto in sospetto della polizia tedesca che ne ordinava l’arresto, sopportava stoicamente prolungate torture, senza svelare alcun segreto sulle organizzazioni clandestine e sui loro dirigenti. Condotto alla fucilazione, alle Fosse Ardeatine, dava sublime esempio di spirito di sacrificio, di incrollabile fermezza, di alte e pure idealità, santificate dal martirio e dall’olocausto della vita”.

A Manfredi Talamo è stato intitolato un Largo a Roma e un viale in Villa Comunale nella sua Castellammare.

http://www.carabinieri.it/editoria/il-carabiniere/la-rivista/anno-2004/aprile/militaria/approfondimenti

Cesare Amè

Manfredi Talamo


LA SPIA VENUTA DAL FREDDO SMASCHERATA COL FURTO

Nuovi giochi di spie. Strategie inedite di 007 dopo il crollo del muro di Berlino. E' una storia di "barbe finte" ambientata a Roma, nella primavera scorsa, molto prima dell' esplosione del dossier Mitrokhin (che oltretutto parla di vicende di 30 anni fa). Il protagonista è un alto ufficiale russo, addetto navale dell' ambasciata del suo paese, con un grado equivalente a quello di colonnello. Un personaggio degno di comparire in un romanzo di Le Carré e che, all' improvviso, è tornato in patria in fretta e furia. Appena il tempo di fare i bagagli e via sul primo aereo diretto a Mosca a raccontare la sua vergognosa "debacle" ai superiori del Gru (il "servizio" militare russo, fratello in divisa del KGB). Una volta, le spie venivano espulse o, più sbrigativamente, uccise quando erano tanto goffe da farsi scoprire. Se si trattava di pedine fondamentali sulla scacchiera spionistica venivano tenute d' occhio discretamente per qualche tempo o si tentava di coinvolgerle in un doppio o triplo gioco ma il capitolo finale, spesso, era un colpo di pistola col silenziatore o una dose di veleno. Oggi, con i nuovi schieramenti internazionali e una cautela molto maggiore nell' evitare incidenti diplomatici, la strategia per allontanare le "talpe" è molto più sottile. Proprio come nel caso del nostro colonnello che, da molti mesi, stava trattando con un "contatto" romano la vendita, al suo paese, di un importante segreto industriale. Ed è sul piano tecnologico, ormai, che si è trasferito l' interesse dei servizi segreti stranieri, specialmente quelli dei paesi dell' Est. Ma torniamo al nostro addetto navale. Una brutta mattina, il nostro uomo (che chiameremo, per comodità Ivan) scopre che la sua "Croma" blu di servizio è scomparsa. Niente di strano in una città dove sparisce una media di 50 mila macchine all' anno e infatti il militare russo non si allarma e va a sporgere denuncia al commissariato. La brutta sorpresa arriva il mattino dopo, con una telefonata dei carabinieri. "Signor Ivan, abbiamo ritrovato la sua Croma, può venire a riprendersela". Qualunque automobilista sarebbe felicissimo e, magari, innalzerebbe un inno all' efficienza dei corpi di polizia italiani. Invece, appena arrivato, in taxi, all' indirizzo fornito dai militari, l' addetto navale russo sbianca in volto, farfuglia qualcosa e si precipita a far le valige. Il suo lavoro in Italia è finito, la trattativa con il contatto è irrimediabilmente compromessa. Perchè? Il primo messaggio era abbastanza chiaro anche per un profano. La "Croma", infatti, non mostrava alcun segno di effrazione. Finestrini intatti, niente fili strappati e, insomma, un lavoro troppo pulito per un normale "topo d' auto". Ma il secondo messaggio è ancora più inquietante, per il nostro spione venuto dal freddo. La vettura, infatti, è stata ritrovata (e riconsegnata) proprio sotto l' abitazione del "contatto" romano di Ivan, il personaggio che, dietro il pagamento di una grossa somma di denaro, si era dichiarato disposto a cedere all' emissario russo un segreto industriale di prima mano. Un modo estremamente elegante dei nostri servizi per dire a Ivan che il suo gioco era stato ormai scoperto e che era arrivato, per lui, il momento di cambiare aria. Un suggerimento che l' addetto navale ha raccolto al volo. Senza neanche preoccuparsi di salvare le apparenze, l' alto funzionario è tornato in patria temendo, probabilmente, che se avesse indugiato anche solo qualche giorno si sarebbe ritrovato in manette. Un episodio che era destinato, ovviamente, a restare segreto e che illustra in modo eloquente le nuove strategie di una guerra silenziosa e ancora incessante. Niente più puntali d' ombrello avvelenati o cotolette al cianuro ma grimaldelli, "cimici", pedinamenti e soprattutto molta inventiva.

di MASSIMO LUGLI

Fonte: la Repubblica.it, 13 novembre 1999.

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