FURTI CLAMOROSI

Corriere della Sera, 20 febbraio 1926.

Corriere d'Informazione, 2-3 agosto 1965

Corriere della Sera, 3 agosto 1965

Corriere di Roma, 27 agosto 1985

Corriere della Sera, 25 ottobre 2008

Corriere d'Informazione, 12-13 giugno 1956

Corriere della Sera, 23 febbraio 1992

Corriere Roma, 9 febbraio 1997

Corriere d'informazione, 3-4 marzo 1960

Corriere della Sera, 2 febbraio 1930

Corriere d'Informazione, 4-5 febbraio 1955

Corriere della Sera, 20 febbraio 1965

Corriere della Sera, 8 novembre 1962

La Stampa, 15 aprile 2001

Stampa Sera, 13 agosto 1949

Corriere d'informazione, 4-5 settembre 1958

Corriere della Sera, 5 settembre 1958

Corriere della Sera, 6 settembre 1958

Corriere d'informazione, 6-7 settembre 1958

Corriere della sera, 27-28 agosto 1942

Corriere della sera, 27 gennaio 1932

ARSENIO LUPIN AD ALTA TECNOLOGIA

Si faceva chiamare «D' Artagnan» ma il soprannome più appropriato, per lui, sarebbe stato Arsenio Lupin. Un «ladro gentiluomo» ad alta tecnologia, però, che ai guanti bianchi e al bastone da passeggio aveva sostituito apparecchiature elettroniche sofisticatissime: non c' era cassaforte o sistema d' allarme, infatti, che potesse resistergli. La sua specializzazione? Furti miliardari di opere d' arte: quadri soprattutto, ma anche sculture, mobili, libri d' epoca, il tutto custodito in ville patrizie solo all' apparenza inespugnabili. Ora Giuseppe Morello, 42 anni, residente a Torino in via Banchette 12, è in carcere: a mettergli le manette sono stati i poliziotti del commissariato «San Donato» che hanno recuperato, in Piemonte e in Liguria, opere per oltre mezzo miliardo, compreso un Colombotto Rosso e altre tele antiche e moderne, e che sono sulle tracce di un altro prezioso dipinto seicentesco di Jacopo Da Ponte detto il Bassano. Il valore complessivo della refurtiva passata per le abili mani di «Arsenio Lupin» e finita chissà dove, spiegano gli inquirenti, supera i cinque miliardi. «Mi sono già fatto dieci anni di galeraha detto Morello, tranquillo e disinvolto, agli agenti del dirigente Fulvio Azzolini e del suo vice Paolo Piccioli che lo avevano appena arrestatoe in cella ne ho approfittato per frequentare corsi di elettronica e antiquariato. Non posso dire che tutta questa cultura non mi sia servita». In pratica, spiega la polizia, Giuseppe Morello era un «libero professionista» dello scasso, una specie di Diabolik al servizio di diverse bande di ladri che agiscono ai massimi livelli in tutta l' Italia del centronord: indagini sul suo conto, infatti, sono in corso anche a Bologna, Brescia, Roma. Gli investigatori si sono resi conto di chi avevano di fronte solo entrando nello sgabuzzinolaboratorio che Morello aveva realizzato in casa sua. C' era un arsenale tecnologico, in parte costruito dallo stesso «ladro gentiluomo», mai visto prima: centinaia di telecomandi per cancelli e portoni, centraline e scanner per decrittare in pochi minuti i codici degli antifurti, un trapano da dentista modificato per bucare le casseforti, microtelecamere da inserire nei fori appena praticati per esaminare le serrature dall' interno, stetoscopi, chiavi modificabili, fiamme ossidriche «tascabili» e tanti altri congegni quasi da fantascienza che permettevano tra l' altro a Morello, una volta ultimato il «colpo», di riattivare tutti gli antifurti come se nulla fosse successo. Una parte di quell' attrezzatura arriva da un negozio di ferramenta di Borgo Vittoria dove Morello lavorava saltuariamente e il cui titolare, ora, è stato denunciato per favoreggiamento. A Torino il colpo più grosso tra quelli attribuiti a Giuseppe Morello (che lo ha poi confessato) è un furto da tre miliardi messo a segno, nel luglio dello scorso anno, in una villa della Crocetta dove abitano i titolari di una nota griffe di capi in cachemire. Gli scassinatori, quella volta, si portarono via anche l' «olio su tela» di Jacopo da Ponte, L' autunno, del quale per il momento i poliziotti hanno recuperato solo la targhetta dorata in legno. La targhetta, così come altri dipinti di valore del Seicento e dell' Ottocento, era in un box in piazza della Repubblica 7, a Rivoli, di proprietà del fratello di Morello: in quel nascondiglio, nonché in un altro garage di via Saorgio 69 e in un capannone in mezzo a un prato a Lavagna, in provincia di Genova, gli agenti hanno trovato complessivamente venti quadri assieme a statuette, monete preziose, libri d' epoca, molti dei quali rubati da un altro appartamento nobiliare in corso Einaudi nel quale i ladri erano rimasti per ben due giorni. I dipinti più pregiati, una «Santa Caterina» e il ritratto ottocentesco di due coniugi, sarebbero stati trafugati dalla villa ligure di un miliardario americano. C' erano anche una pistola semiautomatica Beretta, sottratta dalla cassaforte di una tabaccheria torinese, e un' arma elettrica acquistata da Morello in Francia in grado di tramortire una persona con una scarica a 16mila volt: forse il «re dello scasso» se la portava dietro per reagire, senza uccidere, nel caso fosse stato colto sul fatto. Ma non è mai successo. E per mesi e mesi, nel box di Rivoli trasformato in showroom, Morello, spiega la polizia, ha esposto via via i quadri e le altre opere ai ricettatori con i quali contrattava prezzi e modalità di consegna. L' unica brutta figura Giuseppe Morello l' ha fatta davanti agli agenti quando ha dovuto aprire, di fronte a loro, il boxmagazzino: si era dimenticato le chiavi e i suoi tentativi con un cacciavite si sono risolti in un' umiliante cilecca. È stato un poliziotto a risolvere la situazione. E «Arsenio Lupin» ne ha subito approfittato esclamando: «Lo vedete, ragazzi: non sono uno scassinatore. Sono solo uno che se vede una bella villa con una finestra aperta non resiste alla tentazione».

ARTURO BUZZOLAN


Fonte: la Repubblica.it, 15 aprile 2001

Altri furti clamorosi